Grazie alla nuova edizione del ciclo “Bibliotecario per un giorno” con Vicente Funes, coordinatore della Comicteca e delle Strategie Digitali della Biblioteca Regionale di Murcia (Spagna) e ricercatore presso la Reale Accademia di Spagna a Roma, il 9 aprile si è svolto un incontro molto speciale presso la Biblioteca María Zambrano.
Funes ha adottato un approccio molto vario al fumetto, parlando della sua storia e della sua evoluzione nel corso dei decenni, delle caratteristiche del linguaggio che utilizza, del suo valore come catalizzatore sociale e culturale di diversi processi storici e di esempi notevoli in Spagna e in America Latina.
Ha inoltre tracciato una panoramica vivace e mutevole del fumetto, dell’OCNI («Oggetto Culturale non Identificato», termine coniato da Thierry Groensteen), rimaracando la natura sfuggente di quest’ultimo. Dal giornalino a fumetti, che gli ha conferito una connotazipne infantile, fino alla graphic novel, che si posiziona come qualcosa di alla moda, Funes descrive le sfumature che sono state attribuite al fumetto. Menziona diversi autori per realizzare questo percorso che risale agli inizi dell’illustrazione testuale, come nel caso di Rodolphe Töpffer, passando per miti del fumetto come Frank Masereel o Lynn Ward, fino a raggiungere la mappa attuale e nazionale con essempi come Max o Carmen Barbará.
Tra molti altri temi, si è riflettuto sul genere, sui supereroi, sul fumetto come strumento politico in Spagna, sul movimento underground e sull’influenza nordamericana, sulle riviste amatariali e sulle risorse espressive proprie del fumetto, e si è ravvivata una ricca riflessione tra tutti gli ascoltatori sulla rilevanza e sull’impronta che il fumetto ha lasciato.
Nella sezione finale, Funes presenta vari titoli di particolare interesse per l’attuale scena ispanofona, una piccola selezione di un elenco ancora più ampio. Ne abbiamo anche diversi in catalogo per la consultazione e il prestito, quindi vi invitiamo a venire a vederli e a esplorare l’affascinante mondo del fumetto.
Gracias a la nueva edición del ciclo «Bibliotecario por un día» de la mano de Vicente Funes, coordinador de la Comicteca y de Estrategias digitales de la Biblioteca Regional de Murcia (España) e investigador de la Real Academia de España en Roma, el pasado 9 de abril tuvo lugar en la Biblioteca María Zambrano un encuentro muy especial.
Funes realizó un enfoque muy diverso del cómic, hablando de su historia y su evolución a lo largo de las décadas, las características del lenguaje que utiliza, de su valor como catalizador social y cultural de distintos procesos históricos y de ejemplos notables en España y Latinoamérica.
También dibujó una panorámica viviente y cambiante del cómic, del OCNI (término acuñado por Thierry Groensteen que significa objeto cultural no identificado), remarcando lo resbaladizo de su naturaleza. Desde el tebeo, que le dio un matiz infantil, hasta la novela gráfica, que se posiciona como algo a la moda; Funes describe los matices que se le han ido dando al cómic. Menciona a diversos autores para realizar este recorrido que se remontan a los inicios de la ilustración de textos, como puede ser el caso de Rodolphe Töpffer, pasando por mitos del cómic como Frank Masereel o Lynn Ward, hasta llegar al mapa actual y nacional con Max o Carmen Barbará.
Entre muchos otros temas, se reflexionó sobre el género, sobre los superhéroes, los cómics como herramienta política en España, del movimiento underground y la influencia norteamericana, de los fanzines y de los recursos expresivos propios del cómic, y se avivó una rica reflexión entre todos los oyentes sobre la relevancia y la huella que ha dejado el cómic.
En la sección final, Funes nos expone diversos títulos de especial interés en la actualidad del panorama hispanohablante, una reducida selección de una lista todavía más amplia. En nuestro catálogo contamos con varios de ellos para consulta y préstamo, así que os animamos a que vengáis verlos y que no dejéis de explorar el fascinante mundo de los cómics.
Intervista a Pablo Sainz Villegas
Approffitando della visita di Pablo Sainz Villegas per el primo concerto del ciclo «Chitarre del Mediterraneo: un viaggio musicale attraverso Spagna e Italia», che celebra la ricca storia e cultura di Spagna e Italia attraverso alcuni dei brani più virtuosi e belli del repertorio chitarristico, abbiamo intervistato il chitarrista spagnolo.
La prima volta che siete salito su un palco avevate solo sette anni, a quanti anni avete iniziato a suonare la chitarra e come fu il primo approccio a questo strumento?
Ho iniziato a suonare la chitarra a sei anni. A casa, i miei genitori credevano in un’educazione umanistica, così sia mia sorella che io abbiamo iniziato con la musica come parte della nostra formazione. Fu una decisione molto naturale, quasi come imparare a leggere o a parlare. Ricordo che mi affascinava osservare come le corde vibrassero, come il legno risuonasse solo sfiorandolo. Ma fu a sette anni, durante il mio primo concerto, quando realmente sentii la magia. Quella sensazione di condividere qualcosa di invisibile ma profondamente umano con chi ti ascolta…fu un momento rivelatore. Da allora, capii che la chitarra non fosse solamente un strumento, ma un modo di toccare l’anima.
In una intervista che vi hanno fatto recentemente, dicevate che la musica unifica la condizione umana. Che ruolo ha svolto la chitarra spagnola come “elemento unificatore” dell’identità latinoamericana?
La chitarra è uno strumento che appartiene tanto alla Spagna quanto al resto del mondo. Il suo viaggio in America Latina è stato più di una traversata geografica: è stato un incontro emozionale. Nel continente latinoamerico, la chitarra si è adattata con una naturalezza soprendente, come se vivesse già nell’anima dei suoi popoli. La ascoltiamo nei mariachi del Messico, nei tanghi dell’Argentina, nella samba del Brasile, nelle cuecas del Cile…È uno strumento che è diventato parte della voce di ogni cultura.
Dico sempre che la chitarra è lo strumento più democratico che esista: è alla portata di tutti, non necessita di grandi risorse e, tuttavia, può esprimere l’intero ventaglio della condizione umana. È anche il più vicino al cuore delle persone. In America Latina è stata testimone di celebrazioni, di lotte, di nostalgie e di sogni. E questo la rende un potente simbolo di unità, di identità e di resistenza poetica. La chitarra, in quel contesto, è un ponte emozionale che unisce storie, accenti e generazioni.
“El legado de la música sin fronteras” (“L’eredità della música senza frontiere”) è un progetto che intende promuovere la comprensione tra culture. Crede che la situazione politica attuale condizioni in qualche modo la produzione musicale recente?
Viviamo in un momento di grandi tensioni, dove spesso si alzano muri invece di ponti. E la musica, come forma d’arte profondamente legata alla libertà, non può essere estranea a questo contesto. È ovvio che ci sono condizionamenti politici e sociali che influenzano ciò che si crea, come si condivide, chi può accedere a certi spazi. Ma è proprio per questo che questo progetto è così necessario. Perché la musica può essere una trincea o una carezza, un grido o un abbraccio. E io preferisco che sia sempre un linguaggio che faccia unire le persone, capace di ricordarci la nostra umanità comune.
In questo contesto, crede che sia molto più necessario, ora più che mai, rafforzare la funzione educativa della musica in tenera età?
Certamente. La musica è uno strumento trasformativo, specialmente nell’infanzia. Non solo sviluppa capacità o abilità sociali, ma alimenta la sensibilità, l’empatia e la capacità di ascoltare, che è qualcosa di cui il mondo ha disperatamente bisogno. Io ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia dove la musica faceva parte della nostra educazione fin da piccoli. E questo mi ha segnato profondamente. Scomettere sulla musica nell’educazione è scommettere su una società più connessa, più sensibile e, soprattutto, più umana.
Da dove nasce l’idea di creare questo ciclo in cui si uniscono la tradizione musicale di due paesi con così tanti legami culturali in comune come Spagna e Italia?
Questo ciclo nasce da un bellissimo invito del direttore Ignacio Peyró, la cui sensibilità e amore per la cultura hanno reso possibile questo incontro. Fin dal primo momento, abbiamo condiviso una stessa intuizione: che Spagna e Italia sentono la storia in modo simile. Ci unisce uno sguardo comunque verso la bellezza, verso la tradizione, verso ciò che perdura attraverso l’arte. Ci unisce la musica, l’eredità e quella forma mediterránea di intender la vita attraverso l’emozione.
Questo ciclo cerca precisamente questo: tendere ponti tra due culture sorelle, ritorvarsi in ciò che è condiviso e celebrarlo. E la chitarra, per la sua storia, per la sua presenza sia in Spagna che in Italia, è lo strumento perfetto per farlo. È il linguaggio che parla a entrambi i popoli e che, senza bisogno di parole, connette i cuori. La chitarra ci ricorda che ciò che ci unisce è molto più potente di ciò che ci separa e che la musica continua a essere un modo che abbracciare l’altro.
Aprovechando la visita de Pablo Sainz Villegas para el primer concierto del ciclo «Guitarras del Mediterráneo: un viaje musical a través de España y Italia», que celebra la rica historia y cultura de España e Italia a través de algunos de los fragmentos más virtuosos y bellos del repertorio guitarrístico, hemos entrevistado al guitarrista español.
La primera vez que se subió a un escenario tenía solo 7 años, ¿con qué edad empezó a tocar la guitarra y cómo fue su aproximación a este instrumento?
Empecé a tocar la guitarra con seis años. En casa, mis padres creían en una educación humanista, así que tanto mi hermana como yo empezamos con la música como parte de nuestra formación. Fue una decisión muy natural, casi como aprender a leer o a hablar. Recuerdo que me fascinaba observar cómo las cuerdas vibraban, cómo la madera resonaba con solo rozarla. Pero fue a los siete años, en mi primer concierto, cuando realmente sentí la magia. Esa sensación de compartir algo invisible pero profundamente humano con quien te escucha… fue un momento revelador. Desde entonces, entendí que la guitarra no era solo un instrumento, sino una forma de tocar el alma.
En una entrevista que le hicieron recientemente decía que la música unifica la condición humana. ¿Qué papel ha desempeñado la guitarra española como elemento unificador de la identidad latinoamericana?
La guitarra es un instrumento que le pertenece tanto a España como al mundo. Su viaje a América Latina fue mucho más que una travesía geográfica: fue un encuentro emocional. En el continente latinoamericano, la guitarra se adaptó con una naturalidad asombrosa, como si ya viviera en el alma de sus pueblos. La escuchamos en los mariachis de México, en los tangos de Argentina, en la samba de Brasil, en las cuecas de Chile… Es un instrumento que se ha hecho parte de la voz de cada cultura.
Siempre digo que la guitarra es el instrumento más democrático que existe: está al alcance de todos, no necesita grandes recursos, y sin embargo, puede expresar el abanico completo de la condición humana. Es también el más cercano al corazón de las personas. En América Latina ha sido testigo de celebraciones, de luchas, de nostalgias y de sueños. Y eso la convierte en un poderoso símbolo de unidad, de identidad y de resistencia poética. La guitarra, en ese contexto, es un puente emocional que une historias, acentos y generaciones.
“El legado de la música sin fronteras” es un proyecto que pretende promover el entendimiento entre culturas. ¿Cree que la situación política actual condiciona de alguna manera la producción musical reciente?
Vivimos un momento de grandes tensiones, donde muchas veces se levantan muros en lugar de puentes. Y la música, como forma de arte profundamente ligada a la libertad, no puede ser ajena a este contexto. Es cierto que hay condicionantes políticos y sociales que influyen en lo que se crea, en cómo se comparte, en quién puede acceder a ciertos espacios. Pero precisamente por eso, “El legado de la música sin fronteras” es tan necesario. Porque la música puede ser una trinchera o una caricia, un grito o un abrazo. Y yo prefiero que sea siempre un lenguaje de encuentro, capaz de recordarnos nuestra humanidad común.
En este contexto, ¿cree que es mucho más necesario, ahora que nunca, reforzar la función educativa de la música a una temprana edad?
Sin duda. La música es una herramienta transformadora, especialmente en la infancia. No solo desarrolla capacidades cognitivas o habilidades sociales, sino que alimenta la sensibilidad, la empatía y la capacidad de escuchar, que es algo que el mundo necesita desesperadamente. Yo tuve la suerte de crecer en una familia donde la música formaba parte de nuestra educación desde pequeños. Y eso me marcó profundamente. Apostar por la música en la educación es apostar por una sociedad más conectada, más sensible y, sobre todo, más humana.
¿De dónde surge la idea de crear este ciclo en el que se unen la tradición musical de dos países con tantos lazos culturales en común como España e Italia?
Este ciclo nace de una hermosa invitación del director Ignacio Peyró, cuya sensibilidad y amor por la cultura hicieron posible este encuentro. Desde el primer momento, compartimos una misma intuición: que España e Italia sienten la historia de manera similar. Nos une una mirada común hacia la belleza, hacia la tradición, hacia lo que perdura a través del arte. Nos une la música, el legado, y esa forma mediterránea de entender la vida a través de la emoción.
Este ciclo busca precisamente eso: tender puentes entre dos culturas hermanas, reencontrarse en lo compartido y celebrarlo. Y la guitarra, por su historia, por su presencia tanto en España como en Italia, es el instrumento perfecto para hacerlo. Es el lenguaje que habla a ambos pueblos y que, sin necesidad de palabras, conecta corazones. La guitarra nos recuerda que lo que nos une es mucho más poderoso que lo que nos separa, y que la música sigue siendo una forma de abrazar al otro.
Alla luce del grande successo di pubblico e di critica, la mostra personale “Eduardo Chillida” (1924 – 2002) ospitata dall’Instituto Cervantes di Roma nella sede della Sala Dalí dal 23 ottobre 2024, è stata prorogata fino a sabato 25 gennaio 2025.
L’esposizione, organizzata dall’Instituto Cervantes di Roma e promossa dal Museo Chillida Leku con la collaborazione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, a cura di Javier Molins, nasce in occasione del centenario della nascita del grande artista e propone, per la prima volta nella capitale dopo trentadue anni, quarantuno opere dell’artista tra disegni, sculture e “gravitazioni” datate dal 1948 al 1997. Un’occasione veramente unica per ripercorrere l’evoluzione dell’opera dello scultore basco dalla figurazione all’astrazione.
Ante el gran éxito de público y crítica, la exposición individual «Eduardo Chillida» (1924 – 2002) que acoge el Instituto Cervantes de Roma en sede de la Sala Dalí desde el 23 de octubre de 2024, ha sido prorrogada hasta el sábado 25 de enero de 2025.
La muestra, organizada por el Instituto Cervantes de Roma y promovida por el Museo Chillida Leku con la colaboración de la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea de Roma, comisariada por Javier Molins, nace con motivo del centenario del nacimiento del gran artista y presenta, por primera vez en la capital después de treinta y dos años, cuarenta y una obras del artista entre dibujos, esculturas y «gravitaciones» fechadas entre 1948 y 1997. Una ocasión única para recorrer la evolución de la obra del escultor vasco desde la figuración hasta la abstracción.
Sabato, 16 novembre, ore 10:30. Biblioteca María Zambrano
Sabato prossimo avremo una nuova sessione di letture animate dedicata soprattutto ai bambini e alle bambine, sia a chi parla spagnolo, per poterlo mantenere e perfezionare, ma anche a chi ancora non lo parla, per poter entrare in contatto e familiarizzare con la lingua spagnola in modo pratico e divertente.
L’attrice Dèsirée Briones ci racconterà come il cinghiale Timoteo, protagonista di questa storia, non si lava da un anno!I bambini dai tre anni in su sono invitati ad ascoltare con noi questa storia che vuole mostrare l’importanza di essere puliti e di raccogliere e riordinare tutto ciò che lasciamo in giro.
Venite a spiegare a Timoteo come si fa!
Sábado, 16 de noviembre, 10:30 h. Biblioteca María Zambrano
El próximo sábado tenemos una nueva sesión de cuentacuentos dedicada a los niños y niñas, tanto los que hablan español, para que lo puedan mantener y perfeccionar, como a los que aún no lo hacen, para que entren en contacto y se familiaricen con la lengua española de una forma práctica y divertida.
La actriz Dèsirée Briones nos contará cómo el jabalí Timoteo, el protagonista de esta historia, ¡lleva un año sin bañarse! Los niños de tres años en adelante están invitados a escuchar con nosotros este cuento que tiene por objetivo mostrar la importancia de estar bien aseados y de recoger y ordenar todo lo que dejamos por en medio.
¡Ven a explicar a Timoteo cómo se hace!
Programma culturale di giuno e luglio. Consulta il pdf a questo link
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Programma culturale di aprile. Consulta il pdf a questo link
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