La basilica monumentale, dedicata alla Vergine, ha mantenuto una stretta relazione con la monarchia spagnola e le alte gerarchie ecclesiastiche dall’inizio della sua costruzione, nel secolo V, fino al completamento del tempio, a metá del secolo XVIII.
Il magnifico soffitto a cassettoni della navata centrale, probabilmente opera di Giuliano da Sangallo, fu decorato con il primo oro portato da Colombo dall’America, essendo questa la donazione del Papa valenziano Alessandro VI alla basilica come dimostrano gli scudi della famiglia Borgia. La statua di bronzo di Filippo IV nel portico dell’entrata prova lo stretto vincolo tra la basílica e la monarchia degli Asburgo.
Tra i numerosi sepolcri di alti prelati seppeliti nel tempio, spiccano quelli del Cardinale Gonzalo Rodríguez (morto nel 1299) di marmo in stile cosmatesco e la tomba del primo Cardinale della Compagnia di Gesú, il cordobese Francisco de Toledo (morto nel 1596), la quale lapide evoca le sue doti di predicatore.
La monumental basílica, dedicada a la Virgen, mantuvo una estrecha relación con la monarquía española y las altas jerarquías eclesiásticas desde el inicio de su construcción en el siglo V hasta la finalización del templo a mediados del siglo XVIII.
El magnífico artesonado de la nave, probablemente obra de Giuliano da Sangallo, fue decorado con el primer oro traído por Colón de América, siendo ésta la donación del Papa valenciano Alejandro VI a la basílica, como atestiguan los escudos de la familia Borgia. La estatua de bronce de Felipe IV en el pórtico de entrada demuestra el estrecho vínculo entre la basílica y la monarquía de los Habsburgo.
Entre los numerosos sepulcros de altos prelados enterrados en el templo, destacan los del cardenal Gonzalo Rodríguez (fallecido en 1299) en mármol cosmatesco, así como la tumba del primer cardenal de la Compañía de Jesús, el cordobés Francisco de Toledo (fallecido en 1596), cuya lápida evoca sus dotes de predicador.
Il 21 marzo si festeggia la Giornata Internazionale della Poesia. in questa occasione pubblichiamo questa poesia della galiziana Chus Pato, autrice di dodici raccolte di poesie, pubblicate tra il 1991 e il 2023, per le quali ha ricevuto premi come il Premio Nazionale della Critica spagnola, il Losada Diéguez, il premio Irmandade do libro o il Clara Campoamor. Tra le sue opere piú importanti ricordiamo «m-Talá», «Hordas de escritura», «Carne de Leviatán» e «Sonora», per ila quale ha ricevuto il Premio Nazionale di Poesia 2024. I suoi libri sono stati tradotti in spagnolo, inglese, portoghese, olandese, bulgaro e francese. Selezioni delle sue poesie sono state tradotte in innumerevoli lingue. Il 23 settembre 2017 è entrata a far parte come membro a pieno titolo nella Reale Accademia Galega. Nel 2022 ha letto nella cittá di Ptuj la sua Carta aperta all’Europa. Vive vicino al bosco di Catasós, nel quale si conservano i castagni piú alti d’Europa.
Chus Pato, con la sua scrittura sperimentale e provocatoria, ha saputo rinnovare il linguaggio poetico, intrecciando elementi della tradizione galiziana con una visione critica e innovativa del mondo. I suoi versi sono un’esplorazione del corpo, della memoria, della storia e del potere, in un dialogo costante con la filosofia, la politica e le arti visive.
Tomba del subacqueo, Paestum
Se il cielo
è una roccia di calce bianchissima
e da lui, una volta abbandonata la città,
prendiamo la spinta per rompere la superfície delle acque
in cui abitano le ombre
Se vogliamo camminare di nuovo tra i pioppi
-magari per nostalgia dell’Orsa Maggiore
o bagnare lo sguardo nella Stella Polare-
ciò che dobbiamo fare é muovere il cielo.
«La frattura,
non saprei dirti com’è. successo,
ho aperto il letto
e il pensiero mi ha schiaffeggiato con un’intensità totale:
era l’indigenza celeste
un mendicante, il cielo
l’esposizione della sua smisurata pienezza
la cenere e lo sfolgorio degli astri
la povertà dei limiti.
Fu la mia unica consolazione
immaginare gli atomi
cadere nel vuoto come una pioggia eterna
l’idea del dirottamento
i dadi lanciati ancora una volta sul tavolo della sorte».
Cadono obbliqui
come neve sull’arenile del cuore
rossi come le onde
quando arpionate e date la caccia
alle balene.
Una volta abbandonata la città
muovere il cielo
sì, potrei farcela.
Traduzione: Attilio Castellucci
El 21 de marzo se celebra el Día Internacional de la Poesía. Por este motivo publicamos este poema de la gallega Chus Pato, autora de doce poemarios, publicados entre 1991 y 2023, por los que ha recibido galardones como el Premio Nacional de la Crítica, el Losada Diéguez, el Irmandade do libro o el Clara Campoamor. Entre sus obras destacan «m-Talá», «Hordas de escritura», «Carne de Leviatán» y «Sonora», por la que recibió el Premio Nacional de Poesía 2024. Sus libros han sido traducidos al español, inglés, portugués, holandés, búlgaro y francés. Selecciones de sus poemas han sido traducidas a innumerables idiomas. El 23 de septiembre de 2017 ingresó como académica de número en la Real Academia Galega. En 2022 leyó su Carta Abierta a Europa en la ciudad de Ptuj. Vive cerca del bosque de Catasós, donde se conservan los castaños más altos de Europa.
Chus Pato, con su escritura experimental y provocadora, ha sabido renovar el lenguaje poético, entrelazando elementos de la tradición gallega con una visión crítica e innovadora del mundo. Sus versos son una exploración del cuerpo, de la memoria, la historia y el poder, en un diálogo constante con la filosofía, la política y las artes plásticas.
Tumba do mergullador, Paestum
Se o ceo
é unha rocha de cal moi branca
e nel, unha vez abandonada a cidade,
collemos impulso para esgazar a tona das augas
na que habitan sombras
Se queremos volver camiñar entre os álamos
–se cadra por saudade da Osa Maior
ou ba.ar a ollada na Estrela do Norte–
o que temos que mover é o ceo.
«A fractura,
non sabería darche conta de como sucedeu,
abrín o leito, ti durmías
e o pensamento bateu en min con total intensidade:
era a indixencia celeste
un mendigo, o ceo
a exposición da súa totalidade inabarcable
a cinza e o fulgor dos astros
a pobreza dos límites.
Foi o meu único consolo
a imaxinación dos átomos
caendo no baleiro coma unha chuvia eterna
a idea da desviación
os dados rulando de novo no taboleiro do azar».
Caen coma neve
oblicuos no areal do corazón
vermellos coma as ondas
cando arpoades e dades caza
ás baleas.
Unha vez abandonada a cidade
mover o ceo
si, poderei facelo.
La costruzione è stata commissionata dall’imperatore di origine ispanica Marco Ulpio Traiano (98-117 d.C.).
La colonna è stata eretta, isolata e monumentale, nel centro storico di Roma, proprio all’inizio della Via dei Fori Imperiali e subito dopo Piazza Venezia. Situata originariamente tra le due biblioteche e la Basilica Ulpia, la piú grande basilica romana, è uno dei pochi monumenti dell’epoca romana che sono giunti al giorno d’oggi quasi intatti.
È formata da 25 blocchi di marmo di 3,5 metri di diametro. La somma della misura della base, del fusto e del capitello, raggiunge un’altezza di 29,76 metri (esattamente cento piedi romani), raggiungendo quasi i quaranta metri se le aggiungiamo il basamento (un’iscrizione sulla porta di ingresso ricorda che queste erano le dimenzioni dello sgombero realizzato per dar luce al foro e agli adiacenti mercati traiani). La superficie esterna della colonna è decorata con un fregio in bassorilievo continuo di circa 200 metri di longitudine, che si sviluppa nella spirale lungo il fusto.
I bassorilievi contengono circa 2500 figure, lastre di marmo alte ciascuna un metro e di straordinaria qualitá artística, che illustrano schematicamente alcuni degli episodi piú importante delle guerre fatte dall’imperatore durante la conquista della Dacia, l’attuale Romania (101-103 e 107-108 d.C.): il passaggio sul Danubio, gli assedi delle cittá e gli accampamenti, la deportazione del popolo vinto, le esecuzioni, i combattimenti e i saccheggi dell’esercito, e altri avvenimenti. Il basamento tridimensionale è decorato con rilievi di armi barbare e scudi.
Riguardo la scala che percorre l’interno del fusto, tramite essa si accede alla piataforma che incorona l’enorme capitello, in cui originalmente era situata una statua dell’imperatore, sostituita nel 1587 con una di San Pietro, opera di Tommaso della Porta e Leonardo Sormani.
Alla morte di Traiano in Cilicia, in Asia Minore, le sue ceneri contenute in un’urna furono depositate all’interno del basamento, anche se non si sa quando furono prelevate cosí come la loro storia precedente, nonostante ció esistono leggende e tradizioni al riguardo.
Mandada levantar por el embajador de origen hispano Marco Ulpio Trajano (97-117 d.C.), se erige aislada y monumental en el centro histórico de Roma, justo al inicio de la via dei Fori Imperiali e inmediata a Piazza Venezia.
Situado originalmente entre las dos bibliotecas y la basílica Ulpia, la mayor basílica romana, es uno de los pocos monumentos de la época romana que han llegado casi intactos hasta nuestros días.
Consta de 25 bloques de mármol de 3,5 metros de diámetro. La suma de las medidas de la base, el fuste y el capitel alcanza una altura de 29,76 metros (exactamente cien pies romanos), llegando casi a los cuarenta metros si añadimos el plinto (una inscripción en la puerta de entrada nos recuerda que estas eran las dimensiones del claro realizado para dar luz al foro y al adyacente Mercado de Trajano). La superficie exterior de la columna está decorada con un friso continuo de bajorrelieves de unos 200 metros de longitud, que recorre el fuste en espiral.
Los bajorrelieves contienen unas 2.500 figuras, losas de mármol de un metro de altura cada una y de extraordinaria calidad artística, que ilustran esquemáticamente algunos de los episodios más importantes de las guerras libradas por el emperador durante la conquista de Dacia, la actual Rumanía (101-103 y 107-108 d.C.): el cruce del Danubio, los asedios a ciudades y campamentos, la deportación de los pueblos vencidos, las ejecuciones, los combates y saqueos del ejército, y otros acontecimientos. La base tridimensional está decorada con relieves de armas y escudos bárbaros.
En cuanto a la escalera que recorre el interior del fuste, a través de ella se accede a la meseta que corona el enorme capitel, en la que originalmente se encontraba una estatua del emperador, sustituida en 1587 por una de San Pedro, obra de Tommaso della Porta y Leonardo Sormani.
A la muerte de Trajano en Cilicia, Asia Menor, sus cenizas contenidas en una urna fueron depositadas en el interior del zócalo, aunque se desconoce cuándo fueron recogidas así como su historia anterior, si bien existen leyendas y tradiciones sobre ellas.
Rosa Mascarell Dauder
Nella vita possono verificarsi alcune situazioni che ci fanno cambiare radicalmente direzione. María Zambrano ne ha dovute affrontare diverse. Quando era una dottoranda già insegnava come supplente presso la Universidad Central di Madrid, collaborava nella sezione femminile della Residencia de Estudiantes; in questo modo María de Maeztu vide in lei una perfetta sostituta nella continuazione del suo lavoro e nel suo ruolo nell’amministrazione. Inoltre, in quegli anni, partecipò come volontaria alle Misiones Pedagógicas. Se non fosse stato per il colpo di stato militare del 1963, prima o poi avrebbe sicuramente continuato il suo percorso universitario, un’istituzione che si stava gradualmente inserendo nelle nuove correnti femministe che stavano attraversando il mondo. È importante ricordare che nel 1920 María de Maeztu e Clara Campoamor entrarono a far parte dell’organizzazione mondale delle donne universitarie a sostegno della pace che si creò nel 1919, Graduate Women International, che ancora oggi porta avanti il suo impegno nel far occupare alle donne ruoli di responsabilità per prendere decisioni in un mondo più giusto.
Oggi ricordiamo María Zambrano per le sue opere, scritte quasi tutte durante l’esilio, un girovagare attraverso paesi e case diverse che la allontanò dal lavoro retribuito e la fece immergere nel mondo incerto della dedizione assoluta alla scrittura e alla bramata pubblicazione. Pubblicare e guadagnare attraverso le sue pubblicazioni è stato il suo stile di vita, insieme a tenere conferenze e seminari, e ha iniziato a sfruttare ogni momento, arrivando anche a rubare tempo al sonno per scrivere.
Oggi è una filosofa famosa, ma dobbiamo ricordare la fatica che lei e molte altre donne hanno fatto per dedicarsi alla scrittura, soprattutto dei saggi. Scrivere è un lavoro per le donne? Quanti lavori fanno le donne senza essere pagate? Faccio queste domande in un giorno che era dedicato alla donna lavoratrice e ora alla donna in generale; dovremmo chiederci il perché, probabilmente perché parlare di donne e di lavoro provoca domande insidiose. Maria Zambrano è stata una lavoratrice solo quando faceva parte del corpo docente dell’università (anche se era una semplice supplente)? Era una lavoratrice quando i suoi scritti si accumulavano sempre di più senza essere pubblicati?
María Zambrano è stata abbastanza lucida da sfruttare al meglio ciò che il destino le ha riservato e da trovare in ogni inferno un vuoto di pace in cui pensare e scrivere. Ora possiamo solo rendere onorare alla sua opera e leggerla traendone benefici.
Rosa Mascarell Dauder, responsabile della Fondazione María Zambrano, è stata la sua ultima segretaria. Il 12 giugno sarà all’Istituto Cervantes di Roma, accompagnata da Amparo Zacarés, per presentare i suoi ultimi libri dedicati alla filosofa.
MARÍA ZAMBRANO EN EL DÍA DE LA MUJER TRABAJADORA
Rosa Mascarell Dauder
Se dan situaciones en la vida que nos hacen cambiar de rumbo radicalmente. María Zambrano sobrellevó varias de ellas. Cuando era doctoranda ya estaba dando clases como sustituta en la Universidad Central de Madrid, colaboraba en la Residencia de Estudiantes- sección femenina- de manera que María de Maeztu veía en ella una continuadora de su labor y una firme candidata a sustituirla en la dirección. Además de ello, como voluntaria, participaba en aquellos años en las Misiones Pedagógicas. De no haber sido por el golpe militar de 1936, tarde o temprano hubiera seguramente seguido su camino en la Universidad, una institución que se iba incorporando poco a poco a los nuevos aires feministas que recorrían el mundo. Solo recordar que en 1920 María de Maeztu y Clara Campoamor se adscriben a la organización mundial de mujeres universitarias en favor de la paz que se crea en 1919, Graduate Women International, que sigue hoy en dicho esfuerzo intentando que las mujeres ocupen puestos de responsabilidad para tomar decisiones en favor de un mundo más justo.
Actualmente recordamos a María Zambrano por sus obras, escritas casi todas ellas en el exilio, un errar por diferentes países y domicilios que la apartó del trabajo asalariado y la sumergió en el incierto mundo de la dedicación exclusiva a la escritura y la ansiada publicación. Publicar y cobrar por ello fue su modo de vida, además de dar conferencias y seminarios, y se adaptó aprovechando cada momento robado al sueño para escribir. Ahora es una filósofa celebrada, pero debemos recordar el esfuerzo que supuso para ella y para tantas mujeres que se dedican a escribir ensayo especialmente. ¿Es un trabajo para la mujer el escribir? ¿Cuantas labores realiza una mujer sin salario? Pregunto estas cosas en un día que se dedicaba a la mujer trabajadora y ahora ya a la mujer en general, deberíamos preguntarnos el por qué, quizás porque provoca preguntas insidiosas hablar de mujer y trabajo. ¿Fue María Zambrano una mujer trabajadora solo cuando formaba parte del cuadro de profesores de la Universidad (aunque fuera simple sustituta)? ¿Trabajaba cuando se acumulaban sus escritos sin publicar?
María Zambrano tuvo la lucidez suficiente para aprovechar lo que el destino le deparó y encontrar en cada infierno un vacío de paz para pensar y escribir. Ahora no podemos más que honrar su trabajo y leerla con provecho.
Rosa Mascarell Dauder, patrona de la Fundación María Zambrano, ha sido su última secretaria. El 12 de junio estará en la Biblioteca María Zambrano del Instituto Cervantes de Roma, acompañada por Amparo Zacarés, para presentar sus últimos libros dedicados a la filósofa.
Il volume “Viaggi ebraici – Tra esperienza del mondo e dell’abisso” offre un’analisi approfondita del tema del viaggio nel contesto dell’ebraismo, esplorando sia le esperienze storiche e culturali che le dimensioni letterarie che il viaggio ha assunto nel corso dei secoli. Gli autori e le autrici affrontano vari aspetti del viaggio ebraico in ambito sefardita e ashkenazita, evidenziando come esso sia stato influenzato da eventi storici traumatici, come persecuzioni, pogrom e la Shoah, ma anche da esperienze di scoperta culturale e identitaria. Il viaggio viene descritto come un concetto sfaccettato, che va oltre il mero spostamento fisico.
Particolare attenzione è dedicata anche alla dimensione linguistica del viaggio, con un focus sulle lingue di esilio come il giudeo spagnolo, l’yiddish e l’ebraico moderno, che assumono significati diversi a seconda del contesto. La questione dell’identità ebraica è centrale, con l’idea che il viaggio possa riflettere sia la ricerca di libertà che il desiderio di ricollegarsi alle proprie radici.
Il volume offre un’interessante panoramica su come il mondo sefardita sia stato esplorato e riscoperto in epoca recente, mettono in luce le complessità dell’identità ebraica, in particolare nel contesto spagnolo del primo Novecento e nel periodo della Seconda guerra mondiale.
Il saggio di Paola Bellomi pone l’accento sulla relazione tra l’ebraismo e la Spagna, evidenziando il filosefardismo iberico come un punto di incontro di esperienze e lotte identitarie. Il saggio si concentra su autori e autrici come Rafael Cansinos Asséns, Max Aub, Máximo José Kahn e le sorelle Nelken, Margarita e Carmen. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, il tema del viaggio ebraico subisce una trasformazione drammatica. Andrea Zinato, nel suo saggio su Moshe ‘Ha-Elion, indaga le esperienze degli ebrei di Salonicco, focalizzandosi sulla vita di un sopravvissuto che ha documentato il suo passaggio attraverso i campi di concentramento. Alessia Cassani offre uno sguardo sulla letteratura sefardita attuale, mettendo in luce il complesso rapporto tra identità, lingua e territorio. Il viaggio a ritroso si configura non solo come un ritorno fisico a luoghi significativi del passato, ma anche come un recupero di un’identità collettiva che è stata frammentata dalla diaspora. La lingua, in questo contesto, diventa un veicolo di memoria e identità, un modo per ricollegarsi a una tradizione che ha attraversato secoli e continenti.
Nel complesso, questo volume offre una riflessione multidimensionale sull’identità ebraica, sul significato del viaggio e sulla memoria culturale, evidenziando come la storia e la letteratura possano fungere da strumenti di riscoperta e di comprensione in un mondo spesso segnato dalla divisione e dalla persecuzione. “Viaggi ebraici” si propone come una guida attraverso i diversi strati della cultura ebraica, stimolando una riflessione più ampia sulle identità e le esperienze che hanno caratterizzato il popolo ebraico nel corso della storia. La letteratura diventa così un mezzo per esplorare e comprendere i molteplici significati del viaggio, dai percorsi reali a quelli immaginari.
El volumen “Viajes judíos. Entre la experiencia del mundo y el abismo” ofrece un análisis del tema del viaje en el contexto del judaísmo, explorando tanto las experiencias históricas y culturales como las dimensiones literarias que el viaje ha asumido a lo largo de los siglos. Los autores y las autoras abordan diversos aspectos del viaje judío en el contexto sefardí y asquenazí, destacando cómo estuvo influenciado por acontecimientos históricos traumáticos, como persecuciones, pogromos y el Holocausto, pero también por experiencias de descubrimiento cultural e identitario. El viaje se describe como un concepto multifacético, que va más allá del mero movimiento físico.
También se presta especial atención a la dimensión lingüística del viaje, con especial atención a las lenguas del exilio como el judeoespañol, el yiddish y el hebreo moderno, que adquieren diferentes significados según el contexto. La cuestión de la identidad judía es central, con la idea de que viajar puede reflejar tanto la búsqueda de libertad como el deseo de reconectarse con las propias raíces.
El volumen ofrece un interesante panorama de cómo se ha explorado y redescubierto el mundo sefardí en tiempos recientes, destacando las complejidades de la identidad judía, particularmente en el contexto español de principios del siglo XX y durante la Segunda Guerra Mundial.
El ensayo de Paola Bellomi se centra en la relación entre el judaísmo y España, destacando el filosefardismo como punto de encuentro de experiencias y luchas identitarias , como en el caso de autores y autoras como Rafael Cansinos Asséns, Max Aub, Máximo José Kahn y las hermanas Nelken, Margarita y Carmen. Con el estallido de la Segunda Guerra Mundial, el tema del viaje judío experimentó una transformación dramática. Andrea Zinato, en su ensayo sobre Moshe ‘Ha-Elion, investiga las experiencias de los judíos de Salónica, centrándose en la vida de un sobreviviente que documentó su paso por los campos de concentración. Alessia Cassani ofrece una mirada a la literatura sefardí actual, destacando la compleja relación entre identidad, lengua y territorio. El viaje de regreso se configura no sólo como un retorno físico a lugares significativos del pasado, sino también como una recuperación de una identidad colectiva que ha sido fragmentada por la diáspora. El lenguaje, en este contexto, se convierte en un vehículo de memoria e identidad, una forma de reconectarse con una tradición que ha abarcado siglos y continentes.
En general, este volumen ofrece una reflexión multidimensional sobre la identidad judía, el significado del viaje y la memoria cultural, destacando cómo la historia y la literatura pueden servir como herramientas de redescubrimiento y comprensión en un mundo a menudo marcado por la división y la persecución. “Viajes judíos” pretende ser una guía a través de las diferentes capas de la cultura judía, estimulando una reflexión más amplia sobre las identidades y experiencias que han caracterizado al pueblo judío a lo largo de la historia. La literatura se convierte así en un medio para explorar y comprender los múltiples significados del viaje, desde los caminos reales a los imaginarios.
Nel marzo del 2024 è uscita la prima traduzione in italiano del romanzo La rampa di Carmen de Burgos “Colombine” (“Il piano inclinato” ed. di Antonella Gallo, Firenze, Le Lettere), una delle grandi crittografe dei primi trenta anni del XX secolo, al pari di Emilia Pardo Bazán. La rampa (Madrid, Renacimiento, 1917) all’interno di “Colombine” è il romanzo più importante tra quelli di tematica apertamente femminista, insieme a El hombre negro (1916), El artículo 438 (1921), El extranjero (1923) e La malcasada (1923). Sulla scia dei migliori romanzi urbani del Realismo e del Naturalismo spagnolo, il romanzo racconta la tragica discesa negli abissi sociali di Isabel, una ragazza borghese caduta in declino dopo la morte dei suoi genitori che, a causa di una relazione amorosa illecita con il padre di sua figlia e senza essere preparata alla vita indipendente, finisce per entrare in una scuola per domestiche per evitare la prostituzione. Intorno alla protagonista si muovono altre donne maltrattate dagli uomini che lottano per sopravvivere in una società spietata e brutale, rifiutandosi di cedere gli ultimi brandelli della loro classe e dignità umana.
La Rampa è una straordinaria testimonianza della condizione femminile nella Madrid dei primi trenta anni del XX secolo su ciò che si pianifica una storia-pamphlet che continua ad essere attuale per la sua vibrante richesta di giustizia per le donne, vittime indifese del sessismo patriarcale e della mancanza di protezione sociale.
Fedele all’informazione rigenerazionista, Carmen de Burgos con la sua vasta produzione di romanzi e saggi, si propose non solo di denunciare l’oppressione delle donne ma anche di educarle inventando un nuovo modello de femminilità, immaginando la donna di oggi libera, responsabile e capace di difendere il suo diritto a un’esistenza piena.
Dopo essere stata inguistamente dimenticata durante il franchismo, “Colombine” è attualmente una delle donne-faro più studiate e riconosciute a livello internazione dell’Etá d’Argento come dimostra l’esposizione nella Biblioteca Nazionale di Madrid, aperta fino al 2 marzo 2025.
En marzo de 2024 ha salido a luz la primera traducción al italiano de la novela La rampa de Carmen de Burgos “Colombine” (“Il piano inclinato” ed. de Antonella Gallo, Firenze, Le Lettere), una de las grandes polígrafas españolas del primer tercio del siglo XX a la par con Emilia Pardo Bazán. La rampa (Madrid, Renacimiento, 1917) es la novela de “Colombine” de más envergadura dentro del grupo de tema abiertamente feminista, junto con El hombre negro (1916), El artículo 438 (1921), El extranjero (1923) y La malcasada (1923). En la estela de las mejores novelas urbanas del Realismo y Naturalismo español, la novela narra el trágico descenso a los abismos sociales de Isabel, una burguesita venida a menos tras la muerte de sus padres que, a causa de una relación amorosa no legalizada con el padre de su hija y sin estar prerparada para la vida autónoma, terminará ingresando en un colegio de criadas para evitar la prostitución. Alrededor de la protagonista, se mueven otras mujeres vejadas por los hombres que luchan para sobrevivir en una sociedad despiadada y brutal negándose a entregar los últimos despojos de su dignidad de clase y humana.
La Rampa es un extraordinario testimonio de la condición femenina en la Madrid del primer tercio del siglo XX sobre el que se urde una historia-panfleto que sigue siendo actual por su vibrante demanda de justicia para con las mujeres, víctimas indefensas del sexismo patriarcal y de la falta de protección social.
Fiel a su formación regeneracionista, Carmen de Burgos con su extensa producción novelística y ensayística, se propuso no solo denunciar la opresión del medio sobre la mujer sino también educarla inventando un nuevo modelo de feminidad, imaginando a la mujer de hoy, libre, responsable y capaz de defender su derecho a una existencia plena.
Tras el injusto olvido en que cayó su figura durante el franquismo, “Colombine” es hoy en día una de las mujeres-faro de la Edad de Plata más estudiada y reconocida internacionalmente como lo demuestra la exhibición en la Biblioteca Nacional de Madrid, abierta hasta el 2 de marzo 2025.
Sito nel Gabinetto di Velázquez, il quadro è una delle opere più famose dell’artista sivigliano a Roma. Nel ritratto si concentra tutto il genio del pittore nel definire un Innocenzo X il quale volto appare privato della bellezza, ma pieno di dignità. Sulla base difficile di carmini e il bianco del rocchetto e del colletto, le fattezze del Santo Padre sono rappresentate con dettaglio e minuziosità, e lo sguardo penetrante rimane rapidamente e profondamente impresso a chi lo contempla, come se si trattasse di una presenza reale. È da notare anche un foglio che il Pontefice tiene nella mano sinistra, in cui si trova il titolo dell’opera, il nome dell’autore, il luogo in cui si realizzò e l’anno: “Alla Sant. Di Nro. Sig. Innocencio X. Por Velázquez, de la Camera di S. M. Catt. Anno 1650”,
La maggior parte degli studiosi hanno lodato la maestria ammirabile con la quale il pittore catturò i tratti più profondi della personalità del Papa. Inoltre, alcuni studi attribuiscono all’opera un significato politico: un gesto di avvicinamento da parte della Corona spagnola al Papato, dopo una lunga alleanza di questa con i francesi.
Velázquez fece due viaggi in Italia. Nel suo primo viaggio, dal 1629 al 1631, che sembra esser stato solo di studio, anche se forse avrebbe svolto qualche missione diplomatica, il pittore sivigliano visitò Genova, Milano, Venezia, Ferrara, Cento, Roma (dove visse nel Palazzo Vaticano e nella Villa Medici) e Napoli. Nel suo secondo viaggio, da gennaio del 1649 a giugno del 1651, fatto per acquisire opere d’arte per la collezione reale, Velázquez fece un percorso simile a quello del viaggio precedente, ma trattenendosi più tempo a Roma, dove visse approssimativamente per un anno e mezzo. A Roma realizzò una dozzina di ritratti, tra i quali spicca, senza dubbio, quello del pontefice qui rappresentato.
Innocenzo X, il quale ritratto appartiene alla famiglia Pamphilj, nacque nel 1574. Fu eletto nel 1644 e il suo pontificato si estese fino al 1655, anno della sua morte.
Ubicado en el «Gabinetto» de Velázquez, el cuadro es una de las obras más famosas del artista sevillano en Roma. El retrato concentra todo el genio del pintor en definir a un Inocencio X cuyo rostro aparece desprovisto de belleza, pero lleno de dignidad. Sobre la difícil base de carmines y el blanco del roquete y del cuello, los rasgos del Santo Padre se representan con detalle y minuciosidad, y la mirada penetrante queda rápida y profundamente grabada en quien la contempla, como si se tratara de una presencia real. Destaca también una hoja de papel que el Pontífice sostiene en la mano izquierda, en la que figura el título de la obra, el nombre del autor, el lugar donde fue realizada y el año: «En Sant. De Nro. Señor Innocencio X. Por Velázquez, de la Camera di S. M. Catt. Año 1650»,
La mayoría de los estudiosos han alabado la admirable habilidad con la que el pintor plasmó los rasgos más profundos de la personalidad del Papa. Además, algunos estudios atribuyen a la obra un significado político: un gesto de acercamiento de la Corona española al Papado, tras su larga alianza con los franceses.
Velázquez realizó dos viajes a Italia. En su primer viaje, de 1629 a 1631, que parece haber sido sólo de estudio, aunque pudo tener alguna misión diplomática, el pintor sevillano visitó Génova, Milán, Venecia, Ferrara, Cento, Roma (donde vivió en el Palacio Vaticano y en la Villa Médicis) y Nápoles. En su segundo viaje, de enero de 1649 a junio de 1651, realizado con el fin de adquirir obras de arte para la colección real, Velázquez siguió una ruta similar a la de su viaje anterior, pero permaneció más tiempo en Roma, donde vivió aproximadamente un año y medio. En Roma realizó una docena de retratos, entre los que destaca sin duda el del pontífice aquí representado.
Inocencio X, cuyo retrato pertenece a la familia Pamphilj, nació en 1574. Fue elegido en 1644 y su pontificado se prolongó hasta 1655, año de su muerte.
L’8 agosto del 1873, ai tempi della prima Repubblica Spagnola, ma rispondendo a preoccupazioni precedenti, e in una sede magnifica che ha come anticamera il pendio est del Gianicolo, fu fondata la Scuola Spagnola delle Belle Arti a Roma, che fu rinominata tre mesi dopo, prendendo il nome di Accademia Spagnola delle Belle Arti a Roma. La più antica istituzione cultrale formativa spagnola, con sede fissa a Roma, fu fondata da D. Emilio Castelar e, da quel momento fino ad ora, l’Accademia ha accolto alcuni dei personaggi più illustri della cultura ispanica del XX secolo, tra i quali alcuni dei suoi direttori, fra cui spiccano letterati come: Ramón María del Valle-Inclán, pittori come Eduardo Rosales (che a causa della sua morte non poté prendere possesso della carica), José Villegas o José Casado de Alisal, scultori come Mariano e José Benlliure e, più recentemente, archeologi come Antonio Blanco. Con il passare del tempo, le attivitá accolte dall’Accademia si andarono a diversificare, così come mostra l’elenco dei diversi direttori che sono stati a capo dell’istituzione. Oggigiorno l’Accademia di Spagna gode di un gran vigore creativo e, allo stesso tempo, rivendica il peso della cultura spagnola a Roma.
El 8 de agosto de 1873, en tiempos de la primera República española, pero respondiendo a inquietudes algo anteriores, y en una magnífica sede que tiene como antesala la pendiente oriental del Gianicolo, se fundó la Escuela Española de Bellas Artes de Roma, que tres meses después pasó adoptó el nombre de Academia Española de Bellas Artes de Roma. La más antigua institución cultural docente española, con sede fija en Roma, fue fundada por D. Emilio Castelar y, desde entonces hasta ahora, la Academia ha acogido a algunas de las personalidades más ilustres de la cultura hispánica del siglo XX, incluidos algunos de sus directores, entre los que se encuentran figuras literarias como: Ramón María del Valle-Inclán, pintores como Eduardo Rosales (que, por fallecimiento, no pudo ocupar el cargo), José Villegas o José Casado de Alisal, escultores como Mariano y José Benlliure y, más recientemente, arqueólogos como Antonio Blanco. Con el paso del tiempo, las actividades de la Academia se fueron diversificando, como demuestra la lista de los diferentes directores que han estado al frente de la institución. Hoy, la Academia de España goza de un gran vigor creativo y, al mismo tiempo, afirma el peso de la cultura española en Roma.
Rappresenta uno degli spazi urbani più allussivi della Roma papale. Prende il nome dal Palazzo di Spagna, edificio che dal 1622 ospita la più antica sede al mondo come residenza permanente di un’Ambasciata, cioè la Santa Sede. Allo stesso tempo, è la prova evidente di come le relazioni politiche internazionali possano riflettersi nella gestione e nella configurazione dello spazio urbano.
Con la sua pianta irregolare, la forma della piazza somiglia a due triangoli uniti dai loro vertici. Questo punto di unione è preceduto della Fontana della Barcaccia ideata da Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo; si pensa che si sia ispirato a una barca che arrivò fin lì durante una delle indonazioni che la città si trovò ad affrontare.
Tuttavia, il punto più attrattivo della piazza è senza alcun dubbio la scalinata della Trinità dei Monti, facciata urbana ascendente dotata di una forte componente scenografica. Progettata nel Settecento, la sua morfologia si ispira all’ormai inesistente Porto di Ripetta, realizzato da Alessandro Specchi.
È composta da una serie di rampe che formano una scalinata di 12 gradini, ognuno dei quali gioca a restringersi ed estendersi in un movimento conitnuo, che alterna forme concave e convesse. Si sviluppa biforcandosi per unirsi nuovamente e distendersi fino a raggiungere la piazza superiore, dove l’obelisco Sallustiano segna la referenza visiva che presiede l’iniseme, con lo sfondo sulla facciata della Chiesa della Trinità dei Monti.
Constituye uno de los espacios urbanos más sugerentes de la Roma papal. Toma el nombre del Palacio de España, edificio que desde 1622 acoge la más antigua sede en el mundo de residencia permanente de una embajada, en este caso ante la Santa Sede. Al mismo tiempo constituye un clarísimo ejemplo de cómo las relaciones políticas internacionales pueden reflejarse en la gestión y configuración del espacio urbano.
De planta irregular, la forma de la plaza se asemeja a la de dos triángulos unidos por sus vértices. Este punto de confluencia está precedido por la Fuente de la Barcaza, diseñada por Pietro Bernini, padre de Gian Lorenzo; se cree que se inspiró en una barca que llegó allí durante una de las inundaciones que sufrió la ciudad.
Pero el mayor atractivo de la plaza es sin duda la ingeniosa escalinata de la Trinità dei Monti, frente urbano en ascensión con un fuerte componente escénico. Proyectada en el Settecento, su morfología se inspira en el desaparecido Puerto de Ripetta, ideado a su vez por Alessandro Specchi.
Se compone de una serie de tramos de escalinatas de 12 peldaños, cada uno de los cuales juega a estrecharse y extenderse en un juego de movimiento continuo, alternando formas cóncavas y convexas. Se desarrolla bifurcandose para volver a unirse y desdoblarse hasta alcanzar la plaza superior, donde el obelisco Sallustiano marca la referencia visual que preside el conjunto, con el telón de fondo de la fachada de la iglesia de Trinità dei Monti.
Lo scorso novembre, la sede centrale del CNR di Roma ha ospitato l’“Encuentro Cajal Italia”, un convegno dedicato a “Neuroscience-inspired Next Generation AI”, organizzato dalla Fondazione EBRI “Rita Levi-Montalcini” in collaborazione con l’Ambasciata di Spagna. L’evento ha celebrato il 90° anniversario della morte di Santiago Ramón y Cajal e ha visto la presentazione della traduzione italiana di Reglas y consejos sobre investigación científica (Los tónicos de la voluntad).
Quest’opera, frutto delle riflessioni di Cajal (1852-1934), deriva da un discorso pronunciato il 5 dicembre 1897 in occasione della sua ammissione alla Real Academia de Ciencias Exactas, Físicas y Naturales di Spagna. Scritta per orientare i giovani ricercatori nella loro carriera, offre anche considerazioni sul ruolo dello scienziato nella società e sull’importanza del supporto statale nella formazione scientifica.
Cajal enfatizzava la disciplina e il metodo scientifico come strumenti fondamentali per promuovere innovazione e meritocrazia. Sottolineava inoltre il valore del plurilinguismo per abbattere le barriere linguistiche e rendere la scienza spagnola accessibile a livello globale. Propose il sostegno governativo per creare istituzioni come la Junta de Ampliación de Estudios, che favorivano collaborazioni internazionali e modernizzavano l’educazione, unendo un forte senso di patriottismo a una visione globale. L’opera si articola in capitoli che offrono consigli pratici ai giovani scienziati, affrontando le qualità morali necessarie e le condizioni sociali favorevoli alla ricerca scientifica.
El pasado mes de noviembre, la sede central del CNR de Roma, acogió el “Encuentro Cajal Italia”, dedicado a la “Inteligencia Artificial de Próxima Generación Inspirada en la Neurociencia”, organizado por la Fundación EBRI “Rita Levi-Montalcini” en colaboración con la Embajada de España. Este evento conmemoró el 90° aniversario de la muerte de Santiago Ramón y Cajal y presentó la traducción italiana de Reglas y consejos sobre investigación científica (Los tónicos de la voluntad).
Esta obra, que recoge las reflexiones de Cajal (1852-1934), se basa en un discurso pronunciado el 5 de diciembre de 1897 al ser admitido en la Real Academia de Ciencias Exactas, Físicas y Naturales de España. Su objetivo es guiar a los jóvenes investigadores en sus trayectorias profesionales, además de ofrecer consideraciones sobre el papel del científico en la sociedad y la relevancia del apoyo estatal en la formación científica.
Cajal subrayaba la importancia de la disciplina y el método científico como pilares para fomentar la innovación y la meritocracia. También destacaba el valor del plurilingüismo para superar barreras lingüísticas y hacer que la ciencia española fuera accesible a nivel internacional. Propuso el respaldo gubernamental para establecer instituciones como la Junta de Ampliación de Estudios, que promovían colaboraciones internacionales y modernizaban el sistema educativo, combinando un fuerte sentido de patriotismo con una perspectiva global. La obra se organiza en capítulos que ofrecen consejos prácticos a los jóvenes científicos, abordando las cualidades morales necesarias y las condiciones sociales propicias para la investigación.
Alla luce del grande successo di pubblico e di critica, la mostra personale “Eduardo Chillida” (1924 – 2002) ospitata dall’Instituto Cervantes di Roma nella sede della Sala Dalí dal 23 ottobre 2024, è stata prorogata fino a sabato 25 gennaio 2025.
L’esposizione, organizzata dall’Instituto Cervantes di Roma e promossa dal Museo Chillida Leku con la collaborazione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, a cura di Javier Molins, nasce in occasione del centenario della nascita del grande artista e propone, per la prima volta nella capitale dopo trentadue anni, quarantuno opere dell’artista tra disegni, sculture e “gravitazioni” datate dal 1948 al 1997. Un’occasione veramente unica per ripercorrere l’evoluzione dell’opera dello scultore basco dalla figurazione all’astrazione.
Ante el gran éxito de público y crítica, la exposición individual «Eduardo Chillida» (1924 – 2002) que acoge el Instituto Cervantes de Roma en sede de la Sala Dalí desde el 23 de octubre de 2024, ha sido prorrogada hasta el sábado 25 de enero de 2025.
La muestra, organizada por el Instituto Cervantes de Roma y promovida por el Museo Chillida Leku con la colaboración de la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea de Roma, comisariada por Javier Molins, nace con motivo del centenario del nacimiento del gran artista y presenta, por primera vez en la capital después de treinta y dos años, cuarenta y una obras del artista entre dibujos, esculturas y «gravitaciones» fechadas entre 1948 y 1997. Una ocasión única para recorrer la evolución de la obra del escultor vasco desde la figuración hasta la abstracción.
Nei giorni 10 e 11 dicembre si sono tenute le Giornate Internazionali “Escrituras de la identidad y del exilio: visiones de Europa a partir de María Zambrano”.
Queste Giornate Internazionali, organizzate dal Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture straniere dell’Università Roma Tre, in collaborazione con la Fondazione María Zambrano, con il FILCO (Grupo de Investigación en Literatura Contemporánea) e con il GEXEL (Grupo de Estudios del Exilio Literari e sovvenzionate da parte dell’Istituto Cervantes di Roma sono state inserite all’interno del ciclo di attività Herencias —scritture di memoria e identità. Esse mirano a fornire un’opportunità di ricerca e creazione multidisciplinare che possa trattare le sfide sociali che l’Europa odierna si trova ad affrontare, in termini di memoria democratica e storica, a partire dalla filosofia fino ad arrivare alla scrittura.
Le giornate sono state inaugurate da Simone Trecca, direttore del Dipartimento di LLCS, Ignacio Peyró, direttore dell’Instituto Cervantes di Roma e da Marifé Santiago Bolaños, della Fondazione María Zambrano. Sono intervenuti anche diversi professionisti specializzati nelle opere della Zambrano, come Elisabetta Sarmati (Sapienza Università di Roma), Paola Cattani (Università degli Studi Roma Tre), Esther Lázaro Sanz (Universitat Autònoma de Barcelona), Nieves Rodríguez Rodríguez (Universidad Complutense de Madrid/Universidad de Alcalá), Ignacio Amestoy (autore teatrale), Rubén Buren, Juanma Romero Gárriz e Carmen Soler.
Inoltre, Begoña Colmenero Niño, responsabile della Biblioteca María Zambrano dell’Instituto Cervantes di Roma, ha avuto la possibilità di rappresentare il Fondo María Zambrano della suddetta biblioteca.
Los días 10 y 11 de diciembre han tenido lugar las Jornadas Internacionales “Escrituras de la identidad y del exilio: visiones de Europa a partir de María Zambrano”.
Estas Jornadas Internacionales, organizadas por el Departamento de Lengua, Literatura y culturas extranjeras de la Università degli Studi Roma Tre, en colaboración con la Fundación María Zambrano, (GILCO) Grupo de Investigación en Literatura Contemporánea y (GEXEL) Grupo de Estudios del Exilio Literari y patrocinadas por el Instituto Cervantes de Roma, están adscritas al ciclo de actividades de Herencias —scritture di memoria e identità, y pretenden brindar una oportunidad de investigación y creación multidisciplinar que pueda abordar desde la filosofía y la escritura los desafíos sociales y culturales que tiene la Europa actual en materia de memoria democrática e histórica.
Las jornadas fueron inauguradas por Simone Trecca, director del Departamento de LLCS, Ignacio Peyró, director del Instituto Cervantes de Roma y Marifé Santiago Bolaños, Fundación María Zambrano y en ellas han intervenido distintos especialistas en la obra de Zambrano como Elisabetta Sarmati (Sapienza Università di Roma), Paola Cattani (Università degli Studi Roma Tre), Esther Lázaro Sanz (Universitat Autònoma de Barcelona), Nieves Rodríguez Rodríguez (Universidad Complutense de Madrid/Universidad de Alcalá), Ignacio Amestoy (autor teatral), Rubén Buren, Juanma Romero Gárriz y Carmen Soler.
Además, Begoña Colmenero Niño, responsable de la Biblioteca María Zambrano del Instituto Cervantes de Roma, tuvo la posibilidad de presentar el Fondo María Zambrano de dicha biblioteca.
La scorsa settimana è stato pubblicato il libro Demolingüística del español en Italia. Con un’appendice sullo spagnolo a Malta, San Marino e Città del Vaticano. Si tratta del quinto volume della collana “Lo spagnolo in Europa”, un progetto realizzato dall’Istituto Cervantes in collaborazione con l’Università di Heidelberg e l’Università di Zurigo.
La pubblicazione offre un rigoroso e interesante studio che traccia e ripercorre attraverso i suoi dati la presenza, l’uso e lo studio dello spagnolo in Italia, San Marino, Malta e Città del Vaticano.
Lo studi risalta la importanza dello spagnolo in Italia, visto che nell’anno accademico 2019/2020 quasi 4 milioni di persone conoscevano o utilizzavano lo spagnolo in questo Paese, pari al 6,6% della popolazione totale.
Il libro é disponibile nella nostra biblioteca e presso il Centro Virtuale Cervantes.
La semana pasada se presentó en la sede del Instituto Cervantes en Madrid el libro Demolingüística del español en Italia. Con un anexo sobre el español en Malta, San Marino y Ciudad del Vaticano. Se trata del quinto volumen de la colección «El español en Europa», un proyecto creado por el Instituto Cervantes en colaboración con la Universidad de Heidelberg y la Universidad de Zúrich.
La publicación ofrece un interesante y riguroso estudio que dibuja y recorre a través de sus datos la presencia, el uso y el estudio del español en Italia, San Marino, Malta y Ciudad del Vaticano.
El estudio destaca la fortaleza del español en Italia, ya que en el año académico 2019/2020 casi 4 millones de personas conocían o utilizaban el español en este país, lo que representa un 6,6 % de la población total.
El libro está disponible en nuestra biblioteca y en el Centro Virtual Cervantes.
La giovane scrittrice Lucía Alba Martínez presenterà il martedí 26 novembre alle 17:30, il suo esordio letterario nella Biblioteca María Zambrano, insieme all’insegnante di spagnolo Gorka Larrabeiti.
Inés, la protagonista del romanzo, è una ventenne che attraversa una crisi personale che non riesce a superare. La sua vita attuale è nel caos ed è bloccata in un circolo autodistruttivo di sesso sporadico e abuso di alcol. Attraverso sogni e ricordi ci racconta episodi della sua infanzia, che guarda da lontano con nostalgia, ma che è l’unica raggione per cui che riesce a illuminare i giorni più bui.
Con uno sguardo coraggioso e vulnerabile, pieno di tenerezza, umorismo e ironia, «Animalitos» ci porta nei sogni e nella memoria, sulla linea sottile tra passato e presente, per parlare di radicamento e sradicamento, amore e disamore, rifugio e impotenza.
Lucía Alba Martínez (Madrid, 1992) è scrittrice e traduttrice. Ha trascorso la maggior parte della sua infanzia e adolescenza in Tunisia. Ha studiato Letteratura Generale e Comparata presso l’UCM ed è traduttrice letteraria dall’inglese, dal francese e dall’italiano. Ha pubblicato articoli sulla letteratura in riviste letterarie come Quimera e CTXT.
La joven escritora Lucía Alba Martínez presentará el martes 26 de noviembre a las 17:30, su debut literario en la Biblioteca María Zambrano, acompañada por el profesor de español Gorka Larrabeiti.
Inés, la protagonista de la novela, es una joven que atraviesa un momento de crisis personal que no consigue superar. Su vida actual es un caos y está estancada en un bucle autodestructivo de sexo esporádico y abuso de alcohol. A través de los sueños y recuerdos nos va contando episodios de su infancia que mira desde la distancia con nostalgia, pero que es lo único que consigue iluminar los días más oscuros.
Con una mirada valiente y vulnerable, cargada de ternura, humor e ironía, «Animalitos» nos adentra en los sueños y la memoria, en la fina línea entre pasado y presente, para hablar del arraigo y el desarraigo, el amor y el desamor, el amparo y el desamparo.
Lucía Alba Martínez (Madrid, 1992) es escritora y traductora. Ha vivido la mayor parte de su infancia y adolescencia en Túnez. Estudió Literatura General y Comparada en la UCM y es traductora literaria del inglés, francés e italiano. Además, ha publicado artículos sobre literatura en medios como Quimera o CTXT.
Lo scrittore spagnolo Álvaro Pombo (Santander, 1939) è il nuovo vincitore del Premio Cervantes 2024, il più prestigioso riconoscimento della letteratura in spagnolo.
L’autore vanta un’ampia carriera letteraria, con quasi mezzo secolo di pubblicazioni, tra cui romanzi, poesie, racconti, articoli giornalistici e saggi. Nel corso della sua carriera ha vinto più di una dozzina di premi: tra questi il Premio Planeta nel 2006, il Premio Nadal nel 2012 e il Premio Francisco Umbral nel 2023.
Dal 2004 è titolare della cattedra con la “j” minuscola della Real Academia de la Lengua (Reale Accademia della Lingua).
Il suo stile introspettivo e poetico e la sua profonda esplorazione della condizione umana lo hanno reso una figura centrale della letteratura contemporanea. Egli stesso ha dichiarato che il suo lavoro cerca di catturare la “verità” attraverso la letteratura, esplorando le dimensioni più profonde della vita umana.
Le sue opere e il suo percorso personale riflettono il suo impegno per la visibilità e i diritti della comunità LGBT+, essendo stato uno dei primi scrittori ad affrontare questo argomento in Spagna.
Ha detto di sé: “Vorrei essere ricordato come poeta e scrittore di alcuni racconti e poesie. Vorrei essere ricordato per la mia eloquenza, ma soprattutto per i miei amici. Non dimentico nulla, ricordo le persone che ho amato e quelle che non ho amato. Ho riso molto, mi sono divertito molto e ho fatto ridere molte persone. Vorrei essere ricordato perché ho un buon senso dell’umorismo”.
Quasi tutta la sua bibliografia è disponibile nella nostra biblioteca sia en formato cartaceo che elettronico.
El escritor español Álvaro Pombo (Santander en 1939) es el flamante Premio Cervantes 2024, el galardón más prestigioso de la literatura en español.
El autor cuenta con extensa trayectoria literaria, con casi medio siglo de publicaciones, entre novelas, poemas, relatos, artículos en prensa y ensayos. Ha ganado más de una decena de premios a lo largo de su carrera: entre ellos el Premio Planeta en el 2006, El Nadal en el 2012, el Francisco Umbral en 2023.
Desde 2004 ocupa el sillón «j» minúscula de la Real Academia de la Lengua.
Su estilo introspectivo y poético y su profunda exploración de la condición humana, lo ha consolidado como una figura central en la literatura contemporánea. Él mismo ha declarado que su obra busca captar la «verdad» a través de la literatura, explorando las dimensiones más profundas de la vida humana.
Su obra y trayectoria personal reflejan su compromiso con la visibilidad y los derechos del colectivo LGTB+, siendo uno de los primeros escritores en abordar esta temática en España.
Ha dicho de sí mismo “Me gustaría ser recordado como poeta y escritor de algunos relatos y poemas. Me gustaría ser recordado por mi elocuencia, pero sobre todo por mis amigos. No olvido nada, recuerdo las personas que quise y las que no quise. Me he reído mucho, me he divertido mucho y he hecho reír muchos. Me gustaría ser recordado porque tengo buen humor”.
La cas totalidad de su bibliografía está disponible en nuestra biblioteca tanto en papel como en formato electrónico.
Sabato, 16 novembre, ore 10:30. Biblioteca María Zambrano
Sabato prossimo avremo una nuova sessione di letture animate dedicata soprattutto ai bambini e alle bambine, sia a chi parla spagnolo, per poterlo mantenere e perfezionare, ma anche a chi ancora non lo parla, per poter entrare in contatto e familiarizzare con la lingua spagnola in modo pratico e divertente.
L’attrice Dèsirée Briones ci racconterà come il cinghiale Timoteo, protagonista di questa storia, non si lava da un anno!I bambini dai tre anni in su sono invitati ad ascoltare con noi questa storia che vuole mostrare l’importanza di essere puliti e di raccogliere e riordinare tutto ciò che lasciamo in giro.
Venite a spiegare a Timoteo come si fa!
Sábado, 16 de noviembre, 10:30 h. Biblioteca María Zambrano
El próximo sábado tenemos una nueva sesión de cuentacuentos dedicada a los niños y niñas, tanto los que hablan español, para que lo puedan mantener y perfeccionar, como a los que aún no lo hacen, para que entren en contacto y se familiaricen con la lengua española de una forma práctica y divertida.
La actriz Dèsirée Briones nos contará cómo el jabalí Timoteo, el protagonista de esta historia, ¡lleva un año sin bañarse! Los niños de tres años en adelante están invitados a escuchar con nosotros este cuento que tiene por objetivo mostrar la importancia de estar bien aseados y de recoger y ordenar todo lo que dejamos por en medio.
¡Ven a explicar a Timoteo cómo se hace!
Abbiamo recentemente ricevuto nella nostra biblioteca una generosa donazione da parte della famiglia dello scrittore, giornalista e traduttore Piero Sanavio (1930-2019).
Sanavio, specialista di Ezra Pound, ha vissuto a Londra e negli Stati Uniti, dove ha insegnato e tenuto conferenze, tra l’altro, presso le Università di Brandeis, Michigan, Porto Rico, Yale e Harvard. A Parigi ha lavorato come diplomatico per l’UNESCO. In Italia ha insegnato per un breve periodo all’Università Orientale di Napoli e all’Università della Tuscia di Viterbo.
Come giornalista ha collaborato con varie testate come L’Adige; Il Corriere Tridentino; La Posta dell’Adda e, successivamente (1965-1966), da Parigi, con il quotidiano Il Mondo di Mario Panunzio e La Fiera etteraria. Successivamente ha scritto per Hystrio, Il Dramma e le pagine culturali de Il Sole -24 Or, Il Gazzettino e l’Avanti!
È stato fondatore e presidente dell’“Institut Eugène Sigaud pour une Anthropologie de l’écriture” di Parigi.
Oltre alla carriera di giornalista, è stato uno scrittore prolifico che ha coltivato diversi generi come la narrativa, la poesia, la saggistica e il teatro.
Ha vinto diversi premi come il Premio Litterario Nazionale “Bonfiglio” (1964) per il romanzo La Maison-Dieu; il Premio Nazionale Litterario Pisa (1978) per il romanzo La Patria; il Premio Orient-Express e Feronia (2000) per il romanzo La Felicità della Vita. Nel 1998, l’opera teatrale La Seduzione ha vinto il Premio Formia-Ruggero Paone.
La donazione, che comprende opere di Cervantes, García Márquez, Ángel Crespo, Mariano Azuela, una prima edizione spagnola di Diario argentino di W. Gombrowicz tradotto da Sergio Pitol, o l’enciclopedia Los toros: tratado técnico e histórico di Cossío, è entrata a far parte della collezione bibliografica della nostra biblioteca ed è disponibile per la consultazione.
Recientemente hemos recibido en nuestra biblioteca una generosa donación de la familia del escritor, periodista y traductor Piero Sanavio (1930-2019).
Sanavio, especialista en Ezra Pound, vivió en Londres y Estados Unidos, donde enseñó y fue conferenciante, entre otras, en las Universidades de Brandeis, Michigan, Puerto Rico, Yale y Harvard. En París trabajó como diplomático para la UNESCO. En Italia enseñó brevemente en la Universidad Oriental de Nápoles y en la Universidad de la Tuscia, Viterbo.
Como periodista colaboraba con diversos periódicos como L’Adige; Il Corriere Tridentino; La Posta dell’Adda e, posteriormente (1965-1966), desde París, con el periódico Il Mondo di Mario Panunzio y La Fiera etteraria. Más tarde escibirá en Hystrio, Il Dramma y enlas páginas culturales de Il Sole -24 Or, Il Gazzettino y l’Avanti!
Fue fundador y presidente del «Institut Eugène Sigaud pour une Anthropologie de l’écriture», en París.
Además de su carrera como periodista, fue un escritor prolífico que cultivó distintos géneros como la narrativa, la poesía, el ensayo y el teatro.
Ganó distintos premios como el Premio Litterario Nacionale » Bonfiglio» (1964) con la novela La Maison- Dieu; el Premio Nacional Litterario Pisa (1978) con la novela La Patria; el premio Orient-Express y Feronia (2000) con la novela La Felicità della Vita. Nel 1998, el texto teatral La Seduzione, ganó el premio Formia-Ruggero Paone.
La donación, que incluye obras de Cervantes, García Márquez, Ángel Crespo, Mariano Azuela, una primera edición en español de Diario argentino de W. Gombrowicz traducida por Sergio Pitol, o la enciclopedia Los toros: tratado técnico e histórico de Cossío, ha pasado a formar parte del fondo bibliográfico de nuestra biblioteca y está disponible para su consulta.
La mostra all’Instituto Cervantes fa parlare di sé in Spagna
Il centenario della nascita di Eduardo Chillida è celebrato in grande stile a Roma, dove l’Instituto Cervantes ospita una mostra dedicata al maestro basco. L’evento ha suscitato un enorme interesse in Spagna, con numerosi articoli dedicati all’esposizione sui principali quotidiani. Ecco un campione
ABC El Diario OK Diario La Razón
La mostra, che presenta un ampio panorama della produzione artistica di Chillida, è stata accolta con grande entusiasmo dal pubblico romano e internazionale. La scelta di esporre le opere dello scultore nella Sala Dalí, uno dei luoghi più iconici di Roma, ha contribuito a rafforzare il legame tra l’arte spagnola e italiana.
Le sculture di Chillida, con la loro forza espressiva e la loro profonda connessione con la natura, trovano un’eco sorprendente nell’architettura barocca che circonda la Sala Dalí. Le curve sinuose delle sue opere sembrano dialogare con le linee morbide delle fontane e dei palazzi circostanti, creando un’atmosfera di sorprendente armonia.
L’arte di Eduardo Chillida continua a affascinare e a ispirare nuove generazioni di artisti. La mostra all’Instituto Cervantes di Roma ne è la prova. Le quaranta opere esposte, tra disegni, sculture e «gravitazioni», offrono un’ampia panoramica dell’evoluzione artistica di uno dei maestri indiscussi della scultura del XX secolo.
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