Il volume “Viaggi ebraici – Tra esperienza del mondo e dell’abisso” offre un’analisi approfondita del tema del viaggio nel contesto dell’ebraismo, esplorando sia le esperienze storiche e culturali che le dimensioni letterarie che il viaggio ha assunto nel corso dei secoli. Gli autori e le autrici affrontano vari aspetti del viaggio ebraico in ambito sefardita e ashkenazita, evidenziando come esso sia stato influenzato da eventi storici traumatici, come persecuzioni, pogrom e la Shoah, ma anche da esperienze di scoperta culturale e identitaria. Il viaggio viene descritto come un concetto sfaccettato, che va oltre il mero spostamento fisico.
Particolare attenzione è dedicata anche alla dimensione linguistica del viaggio, con un focus sulle lingue di esilio come il giudeo spagnolo, l’yiddish e l’ebraico moderno, che assumono significati diversi a seconda del contesto. La questione dell’identità ebraica è centrale, con l’idea che il viaggio possa riflettere sia la ricerca di libertà che il desiderio di ricollegarsi alle proprie radici.
Il volume offre un’interessante panoramica su come il mondo sefardita sia stato esplorato e riscoperto in epoca recente, mettono in luce le complessità dell’identità ebraica, in particolare nel contesto spagnolo del primo Novecento e nel periodo della Seconda guerra mondiale.
Il saggio di Paola Bellomi pone l’accento sulla relazione tra l’ebraismo e la Spagna, evidenziando il filosefardismo iberico come un punto di incontro di esperienze e lotte identitarie. Il saggio si concentra su autori e autrici come Rafael Cansinos Asséns, Max Aub, Máximo José Kahn e le sorelle Nelken, Margarita e Carmen. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, il tema del viaggio ebraico subisce una trasformazione drammatica. Andrea Zinato, nel suo saggio su Moshe ‘Ha-Elion, indaga le esperienze degli ebrei di Salonicco, focalizzandosi sulla vita di un sopravvissuto che ha documentato il suo passaggio attraverso i campi di concentramento. Alessia Cassani offre uno sguardo sulla letteratura sefardita attuale, mettendo in luce il complesso rapporto tra identità, lingua e territorio. Il viaggio a ritroso si configura non solo come un ritorno fisico a luoghi significativi del passato, ma anche come un recupero di un’identità collettiva che è stata frammentata dalla diaspora. La lingua, in questo contesto, diventa un veicolo di memoria e identità, un modo per ricollegarsi a una tradizione che ha attraversato secoli e continenti.
Nel complesso, questo volume offre una riflessione multidimensionale sull’identità ebraica, sul significato del viaggio e sulla memoria culturale, evidenziando come la storia e la letteratura possano fungere da strumenti di riscoperta e di comprensione in un mondo spesso segnato dalla divisione e dalla persecuzione. “Viaggi ebraici” si propone come una guida attraverso i diversi strati della cultura ebraica, stimolando una riflessione più ampia sulle identità e le esperienze che hanno caratterizzato il popolo ebraico nel corso della storia. La letteratura diventa così un mezzo per esplorare e comprendere i molteplici significati del viaggio, dai percorsi reali a quelli immaginari.
El volumen “Viajes judíos. Entre la experiencia del mundo y el abismo” ofrece un análisis del tema del viaje en el contexto del judaísmo, explorando tanto las experiencias históricas y culturales como las dimensiones literarias que el viaje ha asumido a lo largo de los siglos. Los autores y las autoras abordan diversos aspectos del viaje judío en el contexto sefardí y asquenazí, destacando cómo estuvo influenciado por acontecimientos históricos traumáticos, como persecuciones, pogromos y el Holocausto, pero también por experiencias de descubrimiento cultural e identitario. El viaje se describe como un concepto multifacético, que va más allá del mero movimiento físico.
También se presta especial atención a la dimensión lingüística del viaje, con especial atención a las lenguas del exilio como el judeoespañol, el yiddish y el hebreo moderno, que adquieren diferentes significados según el contexto. La cuestión de la identidad judía es central, con la idea de que viajar puede reflejar tanto la búsqueda de libertad como el deseo de reconectarse con las propias raíces.
El volumen ofrece un interesante panorama de cómo se ha explorado y redescubierto el mundo sefardí en tiempos recientes, destacando las complejidades de la identidad judía, particularmente en el contexto español de principios del siglo XX y durante la Segunda Guerra Mundial.
El ensayo de Paola Bellomi se centra en la relación entre el judaísmo y España, destacando el filosefardismo como punto de encuentro de experiencias y luchas identitarias , como en el caso de autores y autoras como Rafael Cansinos Asséns, Max Aub, Máximo José Kahn y las hermanas Nelken, Margarita y Carmen. Con el estallido de la Segunda Guerra Mundial, el tema del viaje judío experimentó una transformación dramática. Andrea Zinato, en su ensayo sobre Moshe ‘Ha-Elion, investiga las experiencias de los judíos de Salónica, centrándose en la vida de un sobreviviente que documentó su paso por los campos de concentración. Alessia Cassani ofrece una mirada a la literatura sefardí actual, destacando la compleja relación entre identidad, lengua y territorio. El viaje de regreso se configura no sólo como un retorno físico a lugares significativos del pasado, sino también como una recuperación de una identidad colectiva que ha sido fragmentada por la diáspora. El lenguaje, en este contexto, se convierte en un vehículo de memoria e identidad, una forma de reconectarse con una tradición que ha abarcado siglos y continentes.
En general, este volumen ofrece una reflexión multidimensional sobre la identidad judía, el significado del viaje y la memoria cultural, destacando cómo la historia y la literatura pueden servir como herramientas de redescubrimiento y comprensión en un mundo a menudo marcado por la división y la persecución. “Viajes judíos” pretende ser una guía a través de las diferentes capas de la cultura judía, estimulando una reflexión más amplia sobre las identidades y experiencias que han caracterizado al pueblo judío a lo largo de la historia. La literatura se convierte así en un medio para explorar y comprender los múltiples significados del viaje, desde los caminos reales a los imaginarios.
Nel marzo del 2024 è uscita la prima traduzione in italiano del romanzo La rampa di Carmen de Burgos “Colombine” (“Il piano inclinato” ed. di Antonella Gallo, Firenze, Le Lettere), una delle grandi crittografe dei primi trenta anni del XX secolo, al pari di Emilia Pardo Bazán. La rampa (Madrid, Renacimiento, 1917) all’interno di “Colombine” è il romanzo più importante tra quelli di tematica apertamente femminista, insieme a El hombre negro (1916), El artículo 438 (1921), El extranjero (1923) e La malcasada (1923). Sulla scia dei migliori romanzi urbani del Realismo e del Naturalismo spagnolo, il romanzo racconta la tragica discesa negli abissi sociali di Isabel, una ragazza borghese caduta in declino dopo la morte dei suoi genitori che, a causa di una relazione amorosa illecita con il padre di sua figlia e senza essere preparata alla vita indipendente, finisce per entrare in una scuola per domestiche per evitare la prostituzione. Intorno alla protagonista si muovono altre donne maltrattate dagli uomini che lottano per sopravvivere in una società spietata e brutale, rifiutandosi di cedere gli ultimi brandelli della loro classe e dignità umana.
La Rampa è una straordinaria testimonianza della condizione femminile nella Madrid dei primi trenta anni del XX secolo su ciò che si pianifica una storia-pamphlet che continua ad essere attuale per la sua vibrante richesta di giustizia per le donne, vittime indifese del sessismo patriarcale e della mancanza di protezione sociale.
Fedele all’informazione rigenerazionista, Carmen de Burgos con la sua vasta produzione di romanzi e saggi, si propose non solo di denunciare l’oppressione delle donne ma anche di educarle inventando un nuovo modello de femminilità, immaginando la donna di oggi libera, responsabile e capace di difendere il suo diritto a un’esistenza piena.
Dopo essere stata inguistamente dimenticata durante il franchismo, “Colombine” è attualmente una delle donne-faro più studiate e riconosciute a livello internazione dell’Etá d’Argento come dimostra l’esposizione nella Biblioteca Nazionale di Madrid, aperta fino al 2 marzo 2025.
En marzo de 2024 ha salido a luz la primera traducción al italiano de la novela La rampa de Carmen de Burgos “Colombine” (“Il piano inclinato” ed. de Antonella Gallo, Firenze, Le Lettere), una de las grandes polígrafas españolas del primer tercio del siglo XX a la par con Emilia Pardo Bazán. La rampa (Madrid, Renacimiento, 1917) es la novela de “Colombine” de más envergadura dentro del grupo de tema abiertamente feminista, junto con El hombre negro (1916), El artículo 438 (1921), El extranjero (1923) y La malcasada (1923). En la estela de las mejores novelas urbanas del Realismo y Naturalismo español, la novela narra el trágico descenso a los abismos sociales de Isabel, una burguesita venida a menos tras la muerte de sus padres que, a causa de una relación amorosa no legalizada con el padre de su hija y sin estar prerparada para la vida autónoma, terminará ingresando en un colegio de criadas para evitar la prostitución. Alrededor de la protagonista, se mueven otras mujeres vejadas por los hombres que luchan para sobrevivir en una sociedad despiadada y brutal negándose a entregar los últimos despojos de su dignidad de clase y humana.
La Rampa es un extraordinario testimonio de la condición femenina en la Madrid del primer tercio del siglo XX sobre el que se urde una historia-panfleto que sigue siendo actual por su vibrante demanda de justicia para con las mujeres, víctimas indefensas del sexismo patriarcal y de la falta de protección social.
Fiel a su formación regeneracionista, Carmen de Burgos con su extensa producción novelística y ensayística, se propuso no solo denunciar la opresión del medio sobre la mujer sino también educarla inventando un nuevo modelo de feminidad, imaginando a la mujer de hoy, libre, responsable y capaz de defender su derecho a una existencia plena.
Tras el injusto olvido en que cayó su figura durante el franquismo, “Colombine” es hoy en día una de las mujeres-faro de la Edad de Plata más estudiada y reconocida internacionalmente como lo demuestra la exhibición en la Biblioteca Nacional de Madrid, abierta hasta el 2 de marzo 2025.