Cosa significa per lei, in qualità di presidente di AISPI, che questa associazione sta celebrando 50 anni di storia?
Come presidente dell’AISPI per il triennio 2024/2027, i cinquant’anni della nostra associazione sono motivo di grande gioia e orgoglio, ma allo stesso tempo avverto un forte senso di responsabilità, perché sono stata preceduta in questa carica da illustri colleghi e perché l’AISPI è stata fondata nel 1973 da veri e propri pilastri dell’ispanismo italiano, il cui valore e prestigio sono riconosciuti e lodati dalla comunità scientifica internazionale, come Oreste Macrì, Carmelo Samonà, Franco Meregalli e Giuseppe Di Stefano.
Quali sono stati i principali successi dell’associazione in questi cinque decenni?
In questi cinquant’anni l’AISPI si è affermata come una delle associazioni più importanti nel campo degli studi linguistici e letterari del nostro paese, con quasi 400 soci: dottorandi, ricercatori e docenti di tutte le Università italiane, oltre a un piccolo gruppo d’insegnanti di lingua, cultura e letteratura spagnola nell’istruzione secondaria. Allo stesso modo, le relazioni tra Spagna e Italia nel campo dell’ispanistica godono attualmente di ottima salute, grazie a numerosi accordi accademici e collaborazioni nel campo dell’insegnamento e della ricerca. Le iniziative realizzate in questi cinque decenni, con la preziosa collaborazione dell’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Spagna e dell’Instituto Cervantes, sono numerose e di qualità. Tra queste, la creazione del fondo librario dell’AISPI, conservato nella Biblioteca “María Zambrano” di Roma (sede dell’Istituto Cervantes e dell’AISPI stessa); la digitalizzazione di tutti gli atti dei congressi dell’associazione che, insieme al fondo “Biblioteca AISPI de Lenguas y Literaturas Hispánicas” (8 volumi), sono disponibili online sul portale del Centro Virtuale Cervantes (https://cvc.cervantes.es/literatura/aispi/); la rivista semestrale online con rating A «Cuadernos AISPI. Estudios de lenguas y literaturas hispánicas», lanciata nel 2013 e divenuta una delle pubblicazioni più apprezzate nel campo delle lingue e letterature ispaniche. Dal 2022 al 2024 ho avuto il grande onore di dirigerlo, seguendo l’eccellente gestione della sua fondatrice, Maria Vittoria Calvi. Inoltre, sono stati organizzati numerosi incontri e convegni sulla lingua spagnola, la linguistica, la traduzione, la cultura e la letteratura, e i nostri congressi triennali attirano un notevole numero di specialisti italiani e stranieri: l’ultimo, il XXXII («L’universo femminile tra testi e storia. Temi, scritture, linguaggi»), si è tenuto alla Sapienza Università di Roma (19-22 giugno 2024) e ha riunito oltre 200 studiosi provenienti dall’Europa e dall’America. Un altro evento importante è l’Encuentro del Joven Hispanismo e Hispanoamericanismo, che abbiamo organizzato in collaborazione con l’AISI (Associazione Italiana Studi Iberoamericani) e l’Instituto Cervantes. Infatti, la prima idea di questo incontro, che a partire dal 2020 con cadenza biennale riunisce giovani ispanisti e ispanoamericanisti di tutta Italia, è stata di Juan Carlos Reche Cala – attuale direttore dell’Istituto Cervantes di Palermo – e di Fausta Antonucci, all’epoca Presidente del XV Consiglio Direttivo dell’AISPI. Dopo il secondo Encuentro, che si è svolto a Palermo nel 2024, stiamo preparando la terza edizione, che si terrà all’Istituto Cervantes di Milano il 12 e 13 febbraio 2026. Uno dei meriti più recenti è quello di aver iniziato a costruire un solido e proficuo ponte tra il mondo universitario e quello scolastico, dal momento che il numero di studenti di spagnolo nella formazione scolastica e universitaria italiana ha raggiunto l’importante cifra di un milione. Negli ultimi anni, i primi importanti contatti con gli insegnanti di spagnolo delle scuole secondarie sono stati stabiliti dal XVI Consiglio di Amministrazione presieduto da Marco Presotto, nella persona di Gloria Bazzocchi. Tuttavia, l’11 aprile 2025, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Sonia Bailini – vicepresidente del XVII Consiglio Direttivo dell’AISPI, che mi onoro di presiedere – ha organizzato la Giornata di studio “Interazione in classe ELE: riflessioni ed esperienze tra lingua e letteratura”, con il patrocinio dell’Istituto Cervantes di Milano e il supporto organizzativo dell’ANILS (Associazione Nazionale Insegnanti Lingue Straniere). All’evento hanno partecipato sei specialisti dell’insegnamento della lingua spagnola, sia italiani che spagnoli, provenienti dal sistema accademico e scolastico, di fronte a un pubblico di oltre 60 insegnanti di spagnolo di scuola secondaria. Ci auguriamo che questo lavoro di contatto e scambio continui e si espanda: il prossimo passo in questa direzione sarà la partecipazione a “gli Stati Generali dell’Educazione linguistica Scuola/Università”, che si terrà a Roma il 30 e 31 ottobre 2025. AISPI si è già resa disponibile a far parte del gruppo di lavoro che sta preparando questo evento, al quale aderiscono tutte le principali associazioni italiane di insegnanti di lingue e culture straniere.
Cosa significa per AISPI aver ricevuto la Condecoración de la Orden del Mérito Civil, conferita dal Re di Spagna per l’importante lavoro svolto negli ultimi cinquant’anni nell’attività accademica e culturale?
La Condecoración de la Orden del Mérito Civil conferitaci il 27 giugno 2025 dal Re di Spagna, Felipe VI, per mano dell’ambasciatore di Spagna in Italia, Miguel Ángel Fernández Palacios, nella sua splendida residenza al Gianicolo, è per noi motivo di grande gioia e onore. Lo consideriamo un fondamentale riconoscimento del nostro servizio a favore degli spagnoli in Italia in questi cinque decenni, e un seguito – per così dire – “naturale” del prezioso incontro che il XVII Consiglio Direttivo (2024/2027) – formato da Gianluca Pontrandolfo, Ilaria Resta, Assunta Scotto di Carlo, Sonia Bailini e me – ha avuto con le Loro Maestà, Don Felipe e Doña Letizia, il 10 dicembre 2024, presso la Reale Accademia di Spagna a Roma. Siamo stati ospitati dall’ambasciatore, che desidero ringraziare per la sua costante attenzione e il suo generoso interesse per gli ispanisti italiani.
Questo è stato il terzo anno di Conversaciones en el Gianicolo, organizzate dall’ambasciata di Spagna in collaborazione con AISPI e l’Istituto Cervantes. Da dove nasce questo progetto?
Conversaciones en el Gianicolo iniziano nel 2023, su iniziativa dell’ambasciatore Fernández Palacios e in stretta collaborazione con l’AISPI e l’Istituto Cervantes di Roma, nella persona del suo direttore, Ignacio Peyró Jiménez. Il primo incontro si è svolto proprio il 15 settembre 2023, data in cui si sono tenute le celebrazioni del nostro 50° anniversario, organizzate dal XVI Consiglio di Amministrazione, presso l’Università Sapienza di Roma. Quello stesso giorno, nel pomeriggio, ci siamo spostati nello splendido Palazzo Montorio al Gianicolo, dove Isabella Tomassetti, vicepresidente dell’AISPI per il triennio 2021/2024, ha dialogato con tre grandi scrittori spagnoli di oggi: Luis García Montero (direttore generale dell’Istituto Cervantes), Eduardo Mendoza e Jaime Siles. La seconda edizione (19 giugno 2024) ha visto protagonisti lo scrittore delle Isole Canarie Juan Jesús Armas Marcelo e il direttore dell’Istituto Cervantes di Roma, Ignacio Peyró. Infine, il 27 giugno 2025, dopo che l’AISPI è stata insignita della Condecoración de la Orden del Mérito Civil, è stata per me un’occasione memorabile di arricchimento culturale e umano intervistare uno dei più grandi romanzieri spagnoli del presente, Enrique Vila-Matas, lo scrittore italiano Andrea Bajani (amico intimo di Vila-Matas) e la mia cara amica e collega Elena Liverani, che dal 2010 è la voce italiana di Vila-Matas per la casa editrice Feltrinelli.
Come è evoluta la percezione degli studi ispanici in Italia e in Europa in questo tempo?
Dal 1973 gli studi ispanici in Italia e in Europa si sono affermati con forza e prestigio e hanno avuto un’espansione impressionante. Per quanto riguarda in particolare il mio paese, va ricordato che, oltre al fondamentale contributo della letteratura, la lingua, la linguistica e la traduzione – sia letteraria che specialistica – hanno acquisito, soprattutto a partire dagli anni novanta, un notevole rilievo e notorietà nel mondo accademico italiano, come afferma Maria Vittoria Calvi nel suo articolo “Mi traiettoria in AISPI: itinerari della memoria”. Questo lavoro della professoressa Calvi si trova nel libro I primi 50 anni dell’AISPI (Associazione Ispanisti Italiani): fondatori e protagonisti ricordano (Roma, AISPI Edizioni), che ho avuto il piacere di coordinare, insieme a Marco Presotto, all’inizio del 2025. A questo proposito, desidero esprimere la mia sincera gratitudine a Miguel Marañón Ripoll, responsabile del Dipartimento di Cultura Digitale dell’Istituto Cervantes, per la sua preziosa collaborazione editoriale. Il libro del cinquantenario – disponibile sia online che in versione cartacea – raccoglie i contributi di cinque grandi figure dell’ispanismo italiano – Aldo Ruffinatto, Maria Caterina Ruta, Laura Dolfi, Maria Vittoria Calvi, Gabriele Morelli -, che hanno partecipato alle effemeridi romane del 2023 e hanno voluto scrivere i loro ricordi e le loro riflessioni sulla nascita e sulla storia della nostra Associazione.
Quali progetti futuri ha in mente AISPI per rafforzare ulteriormente l’ispanismo?
Oltre a continuare a organizzare tutte le iniziative che ho menzionato, come dicevo, una delle sfide di AISPI per il futuro credo riguardi l’interrelazione sempre più produttiva con il mondo della scuola, che per noi è una fonte essenziale di giovani talenti, sia linguistici che letterari. Altri obiettivi da raggiungere, a mio avviso, sono l’ampliamento degli accordi di collaborazione scientifica con altre associazioni “sorelle”, come quello che abbiamo appena stabilito con ASELIT (Associazione Spagnola di Lingua e Traduzione); e l’apertura di opportunità di sostegno economico agli ispanisti in erba, attraverso borse di studio per la partecipazione ai nostri congressi e altre iniziative.
Entrevista a Renata Londero presidenta del AISPI
¿Qué significado tiene para usted, como presidenta de la AISPI, que esta asociación cumpla 50 años de historia?
Como presidenta de AISPI para el trienio 2024/2027, los cincuenta años de nuestra asociación son motivo de gran alegría y orgullo, pero al mismo tiempo me producen un sentimiento de fuerte responsabilidad, porque en este cargo me han precedido ilustres colegas y porque AISPI fue fundada en 1973 por auténticos pilares del hispanismo italiano, cuyo valor y prestigio están reconocidos y elogiados por la comunidad científica internacional, como, por ejemplo, Oreste Macrí, Carmelo Samonà, Franco Meregalli y Giuseppe Di Stefano.
¿Cuáles han sido los principales logros de la asociación en estas cinco décadas?
A lo largo de estos cincuenta años, AISPI se ha afianzado como una de las más importantes asociaciones en el área de los estudios lingüísticos y literarios en nuestro país, llegando a contar con casi 400 socias y socios: doctorandos, investigadores y profesores de todas las universidades italianas, además de un pequeño grupo de docentes de lengua, cultura y literatura española de la enseñanza secundaria. Asimismo, hoy en día las relaciones entre España e Italia en el ámbito del hispanismo gozan de una salud magnífica, a través de numerosos acuerdos académicos y colaboraciones en el campo de la didáctica y de la investigación. Las iniciativas que se han realizado en estas cinco décadas, con la colaboración inestimable de la Oficina cultural de la Embajada de España y del Instituto Cervantes, son múltiples y de alta calidad. Entre ellas destacan la creación del Fondo bibliotecario de AISPI, conservado en la Biblioteca “María Zambrano” de Roma (en la sede del Instituto Cervantes y de la misma AISPI); la digitalización de todas las Actas de los congresos de la Asociación, que, junto con la colección “Biblioteca AISPI de Lenguas y Literaturas Hispánicas” (8 volúmenes), están disponibles en línea en el portal del Centro Virtual Cervantes (https://cvc.cervantes.es/literatura/aispi/); la revista semestral en línea de categoría A “Cuadernos AISPI. Estudios de lenguas y literaturas hispánicas”, que nació en 2013 y que ha llegado a considerarse como una de las más apreciadas publicaciones científicas en el hispanismo internacional. Desde 2022 hasta 2024 tuve el gran honor de dirigirla, tras la excelente gestión de su fundadora, Maria Vittoria Calvi. Además, se han llevado a cabo muchos encuentros y jornadas de lengua, lingüística, traducción, cultura y literatura española, y nuestros Congresos trienales atraen a una notable cantidad de especialistas italianos y extranjeros: el último, el XXXII (“El universo femenino entre textos e historia. Temas, escrituras, lenguajes”), se celebró en la Universidad Sapienza de Roma (19-22 de junio de 2024) y reunió a más de 200 estudiosas y estudiosos procedentes de Europa y América. Otro evento relevante es el Encuentro del Joven Hispanismo e Hispanoamericanismo, que organizamos en colaboración con AISI (Associazione Italiana Studi Iberoamericani) y el Instituto Cervantes. En efecto, la primera idea de este encuentro, que a partir de 2020 cada dos años convoca a las/los jóvenes hispanistas e hispanoamericanistas de toda Italia, se debió a Juan Carlos Reche Cala ‒el actual director del Instituto Cervantes de Palermo‒ y a Fausta Antonucci, en aquel entonces presidenta de la XV Junta directiva de AISPI. Tras el segundo Encuentro, que tuvo lugar en Palermo en 2024, estamos ahora preparando la tercera edición, que se dará en el Instituto Cervantes de Milán en los días 12 y 13 de febrero de 2026. Uno de los logros más recientes es haber iniciado a levantar un puente sólido y fructífero entre el mundo universitario y el de la escuela, puesto que los aprendices de español en la enseñanza escolar y universitaria italiana han alcanzado la relevante cifra de un millón. En estos últimos años, los primeros contactos importantes con los docentes de español de secundaria han sido establecidos por la XVI Junta directiva presidida por Marco Presotto, en la persona de Gloria Bazzocchi. Ahora bien, el 11 de abril de 2025, en la Università Cattolica del Sacro Cuore de Milán, Sonia Bailini ‒vicepresidenta de la XVII Junta de AISPI, que me honra presidir‒ organizó la Jornada de estudio “Interacción en el aula de ELE: reflexiones y experiencias entre lengua y literatura”, patrocinada por el Instituto Cervantes de Milán y con el apoyo organizativo de ANILS (Associazione Nazionale Insegnanti Lingue Straniere). En ella participaron seis especialistas de didáctica del español, italianos y españoles, pertenecientes al sistema académico y escolar, ante un público de más de 60 profesoras/es de español de secundaria. Confiamos que esta labor de contacto e intercambio prosiga y se amplíe: el próximo paso que daremos en este sentido será la participación en “gli Stati Generali dell’Educazione Linguistica Scuola/Università”, que se celebrarán en Roma el 30 y 31 de octubre de 2025. AISPI ya ha dado su disponibilidad para formar parte de la mesa de trabajo que está preparando este evento, al que se están adhiriendo todas las principales asociaciones italianas de docentes de lenguas y culturas extranjeras.
¿Qué representa para la AISPI haber recibido la Condecoración de la Orden del Mérito Civil, otorgada por el Rey de España por el importante trabajo llevado a cabo en estos cincuenta años en la actividad académica y cultural?
La Condecoración de la Orden del Mérito Civil que el 27 de junio de 2025 nos otorgó el Rey de España, Felipe VI, de la mano del señor embajador de España en Italia, Miguel Ángel Fernández Palacios, en su estupenda residencia en el Gianicolo, nos alegra y honra sobremanera. Lo consideramos un reconocimiento fundamental de nuestro servicio a favor del español en Italia a lo largo de estas cinco décadas, y un seguimiento ‒por así decirlo‒ ‘natural’ del precioso encuentro que la XVII Junta directiva (2024/2027) ‒formada por Gianluca Pontrandolfo, Ilaria Resta, Assunta Scotto di Carlo, Sonia Bailini y una servidora‒ tuvo con sus Majestades, don Felipe y doña Letizia, el 10 de diciembre de 2024, en la Real Academia de España en Roma. Allí nos hospedó el embajador, a quien aprovecho para agradecerle su constante atención y generoso interés por los hispanistas italianos.
Este ha sido el tercer año de celebración de Conversaciones en el Gianicolo, organizado por la Embajada de España en colaboración con la AISPI y el Instituto Cervantes. ¿De dónde surge este proyecto?
Las Conversaciones en el Gianicolo surgieron en 2023, por iniciativa del embajador Fernández Palacios y en estrecha colaboración con AISPI y el Instituto Cervantes de Roma, en la persona de su director, Ignacio Peyró Jiménez. El primer encuentro se realizó precisamente el 15 de septiembre de 2023, fecha en la que en la Università Sapienza de Roma tuvieron lugar las celebraciones de nuestro cincuentenario, organizadas por la XVI Junta Directiva. Ese mismo día, por la tarde, nos trasladamos al espléndido Palacio Montorio en el Gianicolo, donde Isabella Tomassetti, vicepresidenta de AISPI durante el trienio 2021/2024, conversó con tres grandes escritores españoles de la actualidad: Luis García Montero (director general del Instituto Cervantes), Eduardo Mendoza y Jaime Siles. La segunda edición (19 de junio de 2024) fue protagonizada por el escritor canario Juan Jesús Armas Marcelo y el director del Instituto Cervantes de Roma, Ignacio Peyró. Y finalmente, el 27 de junio de 2025, tras la entrega a AISPI de la Condecoración de la Orden del Mérito Civil, fue para mí una memorable ocasión de enriquecimiento cultural y humano entrevistar a uno de los máximos novelistas españoles del presente, Enrique Vila-Matas, al escritor italiano Andrea Bajani (amigo entrañable de Vila-Matas), y a mi querida amiga y colega Elena Liverani, que desde 2010 es la voz italiana de Vila-Matas para la editorial Feltrinelli.
¿Cómo ha evolucionado la percepción de los estudios hispánicos en Italia y Europa durante este tiempo?
Desde 1973 los estudios hispánicos en Italia y en Europa se han asentado con gran firmeza y prestigio y se han expandido de manera impresionante. En lo que atañe a mi país en particular, hay que recordar que, al lado de la aportación fundamental de la literatura, a partir sobre todo de los años 90 del siglo XX, la lengua, la lingüística y la traducción ‒tanto literaria como especializada‒ han cobrado un relieve y un renombre destacables en el mundo académico italiano, como afirma Maria Vittoria Calvi en su artículo “Mi trayectoria en la AISPI: itinerarios de la memoria”. Este trabajo de la profesora Calvi se encuentra en el libro Los primeros 50 años de AISPI (Associazione Ispanisti Italiani): fundadores y protagonistas recuerdan (Roma, AISPI Edizioni), que con mucho gusto coordiné, junto con Marco Presotto, a principios de 2025. Al respecto, deseo expresar mi sincera gratitud a Miguel Marañón Ripoll, jefe del Departamento de Cultura Digital del Instituto Cervantes, por su impagable colaboración editorial. El libro del cincuentenario ‒disponible tanto en línea como en papel‒ recoge las contribuciones de cinco grandes figuras del hispanismo italiano ‒Aldo Ruffinatto, Maria Caterina Ruta, Laura Dolfi, Maria Vittoria Calvi, Gabriele Morelli‒, que participaron en la efeméride romana de 2023 y quisieron dejar por escrito sus memorias y reflexiones sobre el nacimiento y la historia de nuestra Asociación.
¿Qué proyectos futuros tiene AISPI para seguir fortaleciendo el hispanismo?
Además de seguir organizando todas las iniciativas que he mencionado, como decía, uno de los retos de AISPI de cara al porvenir creo que concierne a la interrelación cada vez más productiva con el mundo de la escuela, que para nosotros constituye una cantera imprescindible de jóvenes talentos, en la vertiente tanto lingüística como literaria. Otros objetivos por alcanzar, a mi juicio, son la expansión de acuerdos de colaboración científica con otras asociaciones ‘hermanas’, como el que acabamos de establecer con ASELIT (Asociación Española de Lengua y Traducción); y la apertura de oportunidades de apoyo financiero a las/los hispanistas en ciernes, a través de becas de participación en nuestros congresos y en otras iniciativas.
Il 25 giugnio abbiamo avuto la fortuna di poter intervistare l’autrice Begoña Quesada in occasione dell’edizione di giugnio del club di lettura, dove abbiamo parlato con lei del suo libro En defensa de la imaginación. Qui trovate l’intervista che le abbiamo fatto sulla sua vita di scrittrice.
Hai sviluppato la tua carriera tra parole e confini. Che posto occupa il viaggio, fisico o simbolico, nel tuo modo di pensare, scrivere e abitare il mondo?
Se mi fermo a pensare, quasi tutto nella vita è un viaggio. Siamo effimeri e, a partire da questo inizio, diciamo che tutto è spostamento (tempo, spazio… l’immagine che ho davanti a me di Albert Einstein mi sta guardando male) verso un punto di arrivo. In altre parole, il viaggio occupa un posto molto importante.
Quando è nata la tua affinità con la Germania? Puoi parlarci un po’ della sua rilevanza nell’attuale scena internazionale dal tuo punto di vista?
La mia affinità per la Germania nasce a poco a poco, come quell’ amicizia di scrivania che a settembre ti fa storcere gli occhi e pensare: “Perché io? Perché a me? Non c’erano altri tavoli?” E alla fine finisce per essere la tua migliore amica, o una buona amica. È un Paese complesso e quindi affascinante. La sua rilevanza sulla scena internazionale è di prim’ordine in quanto Paese che si trova a molti incroci, soprattutto in alcuni meno illuminati e non così rumorosi. È quindi un Paese più essenziale di quanto spesso ci si renda conto (si veda il titolo di un interessante libro pubblicato nel 2016 da Nobel).
Il tuo profilo è molto sfaccettato… Qual è l’influenza dell’approccio all’informazione, più che dal testo giornalistico, dalla libertà della narrazione?
Mi piace molto questa domanda perché è così che lavoro con la narrativa, con gli strumenti e il mestiere del giornalismo. Cioè, mi documento, chiedo, osservo, ascolto. Acquisisco la memoria muscolare, diciamo, del contesto preciso per poter poi improvvisare. Studio il terreno, ma una volta in onda faccio quello che voglio ed è molto liberatorio, molto soddisfacente. Come giornalista, tengo i piedi in terra. Come creatore, vado dove voglio andare.
La tua scrittura ha un componente molto umanistico. Che ruolo hanno avuto le relazioni personali nella costruzione della tua visione di autrice?
Direi che sono uno scrittrice molto onesta. Scrivo ciò che credo, scrivo ciò che voglio (la prima regola per scrivere di qualcosa è che mi interessi). Quindi sento di scrivere come sono e, quindi, le relazioni personali sono fondamentali per me come autore perché quelle persone sono me.
Che ruolo hanno avuto l’errore o l’incertezza nel tuo percorso professionale? C’è un errore che oggi apprezzi particolarmente?
Molto, moltissimo. Molti errori, molte incertezze, molto importante. Aggiungerei anche il caso. Direi che nel mio percorso professionale c’è molto lavoro, ma anche il caso: aprire quella porta, fare quella telefonata, sedersi su quella sedia, passare per quella strada… passare di nuovo, sedersi, telefonare, aprire. Bisogna imparare a convivere con tutte e due, con gli errori e l’incertezza. Chiedere scusa quando è il caso, sì. Ma andare avanti, sempre avanti, cercando di non fare male. Stamattina ho letto: non è il fallimento a fermarti, è la paura di fallire a fermarti.
In un’epoca che premia l’immediato, come coltivi la pausa, l’osservazione lenta, così presente nella tua scrittura?
Soprattutto allontanandomi deliberatamente dal non immediato. Fare la spesa, andare a correre, leggere, passeggiare, stendere il vestiti… lontano dal cellulare, per esempio. A volte sento che il mio cervello ha bisogno di svuotarsi. Mi aiuta anche osservare qualcuno/qualcosa che non si sente osservato: un’ape, un gatto, il gioco di un bambino, un corso d’acqua, le rondini (che si posano a terra vicino alla finestra), le nuvole, le costellazioni, le macchine da un ponte pedonale, la chioma di un albero sopra di me, le finestre anonime.
Non ho il controllo che vorrei. Anche se con il tempo sono migliorata, non sono brava a soffermarmi.
Credi che la letteratura di oggi stia rispondendo alla richiesta di opere più impegnative? C’è qualche autore o libro recente che ha avuto un impatto particolare su di te?
Penso che la letteratura di oggi sia più varia, c’è qualcosa per tutti. L’altra faccia della moneta è che alcuni di questi libri vendono a malapena una dozzina di copie, ma qualsiasi cosa si cerchi, la si può trovare. Quindi sì, penso che ci siano opere più impegnative in tutti i sensi.
Leggo molto ed è difficile per me citare un libro o un autore. Diciamo che, nel complesso, mi ha colpito l’attualità di molte delle opere che ho letto per documentarmi durante la scrittura di Líneas de Fuga (Edhasa, 2023): scrittori tedeschi o austriaci che scrivevano sulla perdita negli anni Trenta e Quaranta, a partire da Klaus Mann.
Come trasformi i dettagli bibliografici che ispirano le storie per affascinare il lettore? Perché ti piace attingere a eventi reali come motivazione per il tuo lavoro?
Penso di avvicinarli: in tutte quelle persone storiche, in tutte quelle persone lontane, c’è qualcosa di te. Mi piace basare il mio lavoro su eventi reali perché come lettore sono particolarmente soddisfatto dei libri “eureka”: quelli che mi aiutano a capire un certo pezzo di realtà, anche se da un punto di vista fittizio.
Come immagini il futuro della letteratura in un’epoca segnata dal digitale, dall’immediato e dall’effimero? Pensi che ci siano spazi per temi alternativi al popolare nel settore?
La immagino molto sana, vigorosa, se non altro per contrastare, per riempire i vuoti lasciati nell’uomo da ciò che non è vivo, che non è come noi, effimero, come dicevamo all’inizio.
Penso che ci siano spazi per temi alternativi, certo che ci sono. Credo piuttosto che ce ne sia bisogno, ma per definizione il popolare sarà sempre in maggioranza. Il bello è poter scegliere.
Se dovessi scegliere un ricordo o una scena che riassuma il significato di “immaginare” per te, quale sarebbe?
Una penna, un pezzo di carta: tutto il resto.
Permettimi di cercare chi lo esprime meglio:
“The brain is wider than the sky / For, put them side by side, / The one the other will include / With ease, and you beside.” Emily Dickinson. Complete Poems. CXXVI
Entrevista a Begoña Quesada
El pasado 25 de junio tuvimos la suerte de poder entrevistar a la autora Begoña Quesada con motivo de la edición del club de lectura de junio donde charlamos con ella sobre su libro En defensa de la imaginación. Aquí os dejamos la entrevista que le hicimos sobre su vida como escritora.
Has desarrollado tu carrera entre palabras y fronteras. ¿Qué lugar ocupa el viaje, físico o simbólico, en tu manera de pensar, escribir y habitar el mundo?
Si me paro a pensar, casi todo en la vida es viaje. Somos efímeros y, desde ese principio, digamos que todo es desplazamiento (tiempo, espacio… la imagen que tengo delante de Albert Einstein me está mirando mal) hacia un punto final. Es decir, el viaje ocupa un lugar muy importante.
¿Cuándo surge tu afinidad por Alemania? ¿Puedes contarnos un poco cuál es, desde tu perspectiva, su relevancia en el panorama internacional actual?
Mi afinidad por Alemania surge poco a poco, como esa amistad de pupitre que en septiembre tuerces la vista y piensas: “¿Por qué yo? ¿Por qué a mí? ¿Es que no había más mesas?” Y al final acaba siendo tu mejor amiga, o una buena amiga. Es un país complejo y, por tanto, fascinante. Su relevancia en el panorama internacional es de primer nivel como país que está en muchos cruces de caminos, especialmente en algunos menos iluminados y no tan ruidosos. De ahí que sea un país más imprescindible de lo que a menudo nos creemos (véase el título de un interesante libro publicado en 2016 por Nobel).
Tu perfil resulta muy polifacético… ¿Cómo influye el abordar la información, en vez desde el texto periodístico, desde la libertad de la narración?
Me gusta mucho esta pregunta porque efectivamente así es como trabajo la ficción, con las herramientas y el oficio de periodista. Es decir, me documento, pregunto, observo, escucho. Adquiero la memoria muscular, digamos, del contexto preciso para después poder improvisar. Estudio el terreno, pero una vez en el aire, hago lo que quiero y resulta muy liberador, muy satisfactorio. Como periodista, me mantengo a ras de tierra. Como creadora, voy donde quiero.
Tu escritura tiene un componente muy humanista. ¿Qué papel han jugado las relaciones personales en la construcción de tu mirada como autora?
Te diría que soy una escritora muy honesta. Escribo lo que creo, escribo lo que quiero (la primera regla para escribir de algo es que me interese). Intuyo entonces que escribo como soy y, por tanto, las relaciones personales son fundamentales en mí como autora porque esas personas son yo.
¿Qué rol ha jugado el error o la incertidumbre en tu camino profesional? ¿Hay alguna equivocación que hoy valores especialmente?
Mucho, muy. Mucho error, mucha incertidumbre, muy importante. Añadiría además el azar. Diría que en mi camino profesional hay mucho trabajo, pero también azar: abrir esa puerta, hacer esa llamada, sentarme en esa silla, pasar por esa calle…volver a pasar, sentarte, llamar, abrir. Hay que aprender a vivir con los dos, con el error y con la incertidumbre. Pedir perdón cuando proceda, sí. Pero adelante, siempre hacia adelante intentando no hacer daño. He leído esta mañana: fallar no te detiene, te detiene el miedo a fallar.
En una época que premia lo inmediato, ¿cómo cultivas la pausa, la observación lenta, tan presentes en tu escritura?
Sobre todo, alejándome a propósito de lo no inmediato. Ir a hacer la compra, salir a correr, ponerme a leer, dar una vuelta, tender la ropa… lejos del móvil, por ejemplo. Siento a veces que mi cerebro necesita esponjarse. También me ayuda observar a alguien/algo que no se sienta observado: una abeja, un gato, el juego de un niño, un curso de agua, las golondrinas (tumbada en el suelo cerca de la ventana), las nubes, las constelaciones, los coches desde una pasarela, la copa de un árbol sobre mí, las ventanas anónimas.
No lo tengo tan controlado como me gustaría. Aunque he mejorado con el tiempo, no soy buena haciendo pausas.
¿Crees que la literatura actual está respondiendo a la demanda de obras más desafiantes? ¿Algún autor o libro reciente te ha impactado especialmente?
Creo que la literatura actual es más variada, hay algo para todo el mundo. El otro lado de la moneda es que de algunos de estos libros apenas se venden una docena de ejemplares, pero busques lo que busques, lo encuentras. Entonces sí, creo que hay obras más desafiantes en todos los sentidos.
Leo mucho y me cuesta nombrar un libro o un autor. Digamos que, de forma conjunta, me impactó ver la actualidad de muchas obras que leí para documentarme a la hora de escribir Líneas de Fuga (Edhasa, 2023): escritores alemanes o austriacos que escribían sobre la pérdida en los años treinta y cuarenta del siglo pasado, empezando por Klaus Mann.
¿Cómo transformas los detalles bibliográficos que inspiran las historias para cautivar al lector? ¿Por qué te gusta basarte en hechos reales como motivación para tu obra?
Creo que los acerco: en todas esas personas históricas, en todas esas personas lejanas hay algo de ti. Me gusta basarme en hechos reales porque como lectora me satisfacen sobre todo los libros “eureka”: aquellos que me ayudan a entender un trozo determinado de realidad, aunque sea desde la ficción.
¿Cómo imaginas el porvenir de la literatura en una era marcada por lo digital, lo inmediato y lo efímero? ¿Crees que hay espacios para encajar las temáticas alternativas a lo popular en el sector?
Lo imagino muy sano, vigoroso, aunque solo sea por contrarrestar, por cubrir los huecos que deja en el ser humano lo que no está vivo, lo que no es como nosotros, efímero, como decíamos al principio.
Creo que hay espacios para temáticas alternativas, claro que sí. Creo más bien que hay necesidad, pero por definición lo popular siempre será mayoritario. La suerte es poder elegir.
Si tuvieras que elegir un recuerdo o escena que resuma lo que para ti significa “imaginar”, ¿cuál sería?
Un lapicero, un papel: todo lo demás.
Permíteme que busque a quien lo exprese mejor:
“The brain is wider than the sky / For, put them side by side, / The one the other will include / With ease, and you beside.” Emily Dickinson. Complete Poems. CXXVI
Lo scorso sabato 21 giugno abbiamo avuto il piacere di realizzare la festa di fine corso per concludere in gran stile un anno pieno di insegnamenti educativi, attività culturali e una crescente comunità ispanofona.
Come ogni anno, l’offerta formativa è stata molto variegata, con diversi corsi di spagnolo come lingua straniera, compresi quelli rivolti a chi vuole inculcare la nostra lingua ai propri figli fin da piccoli e alla formazione dei futuri insegnanti. E, come negli anni precedenti, vale la pena sottolineare l’aumento delle iscrizioni all’esame DELE, che continua a suscitare tanto interesse in Italia.
D’altra parte, tra gli eventi più interessanti dell’anno accademico 2024/2025 ci sono le meravigliose mostre nella Sala Dalí: da “Mola: una finestra sulla cultura Guna panamense”, attraversando figure chiave come Eduardo Chillida e Martín Chirino, a “Ora e per sempre eroine” con Mirka Andolfo e Belén Ortega. Anche, sul versante musicale spicca la serie di concerti “Guitarras del Mediterráneo. Un viaje por España e Italia” inaugurata da Pablo Sainz Villegas e il concerto “UMM” con Yilia ed Eva Geist nell’ambito del Romaeuropa Festival 2024. Inoltre, l’istituto ha organizzato varie attività come la dodicesima edizione del festival cinematografico iberoamericano “Scoprir”, la Giornata Internazionale della poesia con Chus Pato come ospite speciale e i club mensili di racontastorie e club di lettura, che a volte hanno visto la partecipazione degli stessi scrittrici, come Lucía Alba Martínez, Sara Barquinero e Begoña Quesada.
Vorremmo ringraziare tutte le istituzioni che hanno collaborato per aver facilitato e arricchito i nostri eventi, così come tutti gli utenti dell’Instituto Cervantes per aver dato vita alle nostre idee e aver partecipato attivamente alle lezioni e alle proposte. Non ci resta altro che augurarvi una buona estate e speriamo di rivedervi nelle nostre strutture a settembre.
El pasado sábado 21 de junio tuvimos el placer de realizar la fiesta de fin de curso para culminar por todo lo alto un año lleno de aprendizaje educativo, actividades culturales y una creciente comunidad hispanohablante.
Como cada año la oferta educativa ha sido muy variada, contando con diversos cursos de español como lengua extranjera, entre los que destacan los dirigidos a quienes quieren inculcar la nuestra lengua a sus hijos desde una temprana edad y la formación de futuros profesores. Y, como en años anteriores, cabe destaca el aumento de las inscripciones del DELE, que sigue despertando tanto interés en Italia.
Por otro lado, entre algunos de los eventos más destacados del curso 2024/2025 encontramos las estupendas exposiciones de la Sala Dalí: desde «Mola: una ventana a la cultura Guna panameña», pasando por figuras clave como Eduardo Chillida o Martín Chirino, hasta «Ahora y para siempre heroínas»con Mirka Andolfo y Belén Ortega. También, desde la parte musical destaca el ciclo de conciertos «Guitarras del Mediterráneo. Un viaje por España e Italia» inaugurado por Pablo Sainz Villegas y el concierto «UMM» junto a Yilia y Eva Geist como parte del Romaeuropa Festival 2024. Asimismo, el instituto ha realizado diversas actividades como la decimosegunda edición de la muestra de cine iberoamericano «Scoprir», la Jornada Internacional de la poesía con Chus Pato como invitada especial, y los cuentacuentos y clubes de lectura mensuales que han contado en ocasiones con la presencia de las propias escritoras como Lucía Alba Martínez, Sara Barquinero o Begoña Quesada.
Queremos agradecer a todas las instituciones colaboradoras por facilitar y enriquecer nuestros eventos, así como a todos nuestros alumnos, lectores y usuarios del Instituto Cervantes por darle vida a nuestras ideas y participar de forma activa en las clases y en las propuestas. Sólo nos queda desearos un feliz verano y esperamos veros de nuevo por nuestras instalaciones en septiembre.
Il 29 maggio abbiamo avuto la fortuna di poter intervistare l’autrice Sara Barquinero in occasione dell’edizione di maggio del club del libro, dove abbiamo parlato con lei del suo libro Los Escorpiones. Qui trovate l’intervista che le abbiamo fatto sulla sua vita di scrittrice.
Il suo romanzo ha suscitato un intenso dibattito nei circoli letterari. Come ha vissuto le reazioni, sia positive che controverse? È rimasto sorpreso da qualcuna in particolare?
Sono sempre più convinta che non esista un modo giusto di reagire a una cosa del genere, e no, non sono stata sorpresa da nessuna di esse. Ciò che mi sorprende di più è che la gente legga davvero il mio libro, per quanto lungo sia (cosa che non mi era del tutto chiara quando lo stavo scrivendo). Questo è in parte uno scherzo, ma non completamente.
Alcuni critici hanno sottolineato l’audacia dell’opera: c’è stato un momento del processo in cui ha messo in dubbio che il libro fosse troppo rischioso?
Non mi sono mai chiesta se fosse troppo, ma per fortuna c’erano alcuni dei miei migliori lettori che mi hanno aiutato ad accorciarlo o a capire quando stavo esagerando.
Pensa che nella letteratura contemporanea ci sia spazio per opere che sfidano le aspettative del pubblico? Come si inserisce Los Escorpiones in questa dinamica?
Penso di sì, sono stufa di questa grande diffidenza per cui ogni anno la cultura sembra più destinata alla crisi e al fallimento dell’anno scorso.
Lei è attualmente membro dell’Accademia di Spagna a Roma: in che modo la sua permanenza in questa città ha influenzato il suo processo creativo e l’ha cambiata come scrittrice?
Roma ti ricorda sempre che sei solo di passaggio. Inoltre, il fatto di avere il tempo di scrivere senza tante pressioni sociali e lavorative è stato il dono più grande.
Roma è una città ricca di storia e di simbolismi. Ha trovato ispirazione nella sua atmosfera, nella sua cultura o nelle sue strade per storie future?
Direi che più che dalla città, da come mi sono comportata mentre ero qui, da come sono riapparsi alcuni interessi dimenticati e da come cose che fino a poco tempo fa mi sembravano essenziali ora mi sembrano superflue.
Dopo un romanzo così ambizioso, immagino che ci saranno nuovi progetti in cantiere: può dirci qualcosa su quello che sta scrivendo ora?
All’Accademia di Spagna sto lavorando a un romanzo sul campus, La chica más lista que conozco, sui rapporti di potere e gli abusi nell’università, sul luogo del pensiero e sulla violenta burocratizzazione della vita accademica.
Sente la pressione di superare i risultati ottenuti con Los Escorpiones nelle sue prossime opere? Come affronta la sfida di rimanere fedele al suo stile mentre evolvi come scrittrice?
Cerco di non pensare in termini di “superare”. Ogni libro deve funzionare in modo diverso. Ciò che mi preoccupa di più è ripetermi e annoiarmi, che è sempre stata la mia grande paura come scrittrice: essere noiosa.
Come vede il futuro della letteratura e dell’editoria nell’era digitale?
Non credo che si debba drammatizzare troppo, così come con l’arrivo dei blog il libro stava per morire, o con l’ebook il libro cartaceo stava per morire… La letteratura sopravviverà a questo.
Sempre più lettori cercano romanzi che li mettano alla prova intellettualmente. Pensa che la letteratura attuale stia rispondendo a questa richiesta?
Qualche autore o libro recente ha avuto un impatto particolare su di lei? Certamente. Ultimamente sono ossessionata da Eugenides, ma alcuni testi contemporanei che ho amato in questa stagione sono All fours di Miranda July, The Good and Evil di Schweblin, La ricreazione è finita di Ferrari, Gli ultimi Americani di Brandon Taylor e La Camicia di Ghiaccio di Vollmann.
Come vede il ruolo della letteratura nell’esplorare temi come l’alienazione, l’iperconnettività e il mistero, così presenti nel suo lavoro?
La letteratura non ha l’obbligo di spiegare nulla, ma può evidenziare le fessure. È uno dei pochi luoghi in cui si può ancora essere ambigui, contraddittori, disperati, senza dover giustificare tutto.
Entrevista a Sara Barquinero
El pasado 29 de mayo tuvimos la suerte de poder entrevistar a la autora Sara Barquinero con motivo de la edición del club de lectura de mayo donde charlamos con ella sobre su libro Los Escorpiones. Aquí os dejamos la entrevista que le hicimos sobre su vida como escritora.
Tu novela ha generado un debate intenso en círculos literarios. ¿Cómo has vivido las reacciones, tanto positivas como polémicas? ¿Te ha sorprendido alguna en particular?
Cada vez estoy más convencida de que no hay forma correcta de reaccionar a algo así y no, no me ha sorprendido ninguna, lo que más me sorprende es que la gente se lea de verdad mi libro, con lo largo que es (algo que no tenía del todo claro mientras lo escribía). Esto es broma en parte, pero no del todo.
Algunas críticas han señalado la audacia de la obra. ¿Hubo algún momento en el proceso en el que te cuestionaste si el libro llegaría a ser demasiado arriesgado?
Nunca me planteé si era demasiado, pero por suerte ahí estaban algunos de mis mejores lectores para ayudarme a acortar o a ver cuándo me pasaba de rosca.
¿Crees que en la literatura contemporánea hay espacio para obras que desafíen las expectativas del público? ¿Cómo encaja Los escorpiones en esa dinámica?
Yo creo que sí, estoy harta de esa gran desconfianza por la cual cada año la cultura parece más abocada a la crisis y al fracaso que el anterior.
Actualmente formas parte de la Academia de España en Roma. ¿Cómo ha influido tu estancia en la ciudad en tu proceso creativo? ¿Te ha cambiado como escritora?
Roma te recuerda todo el rato que estás de paso. Más allá de eso, tener tiempo para escribir sin tantas presiones sociales y laborales ha sido el mayor regalo.
Roma es una ciudad con una gran carga histórica y simbólica. ¿Has encontrado inspiración en su ambiente, su cultura o sus calles para futuras historias?
Diría que más que en la ciudad, en cómo me he comportado yo mientras estaba aquí, cómo algunos intereses olvidados han reaparecido y cosas que hasta hace nada me parecían esenciales hoy me resultan innecesarias.
Después de una novela tan ambiciosa, imagino que habrá nuevos proyectos en marcha. ¿Puedes adelantarnos algo sobre lo que estás escribiendo ahora?
En la Academia de España estoy trabajando en una novela de campus, La chica más lista que conozco, sobre las relaciones de poder y abuso en la universidad, el lugar del pensamiento y la burocratización violenta de la vida académica.
¿Sientes la presión de superar lo que has logrado con Los escorpiones en tus próximas obras? ¿Cómo enfrentas el desafío de mantenerte fiel a tu estilo mientras evolucionas como escritora?
Intento no pensar en términos de «superar». Cada libro tiene que funcionar de forma distinta. Lo que más me preocupa es repetirme sin querer y aburrir, que siempre ha sido mi gran miedo como escritora: ser una pelma.
¿Cómo ves el futuro de la literatura y la publicación en la era digital?
Creo que no hay que dramatizar demasiado, igual que con la llegada de los blogs iba a morir el libro, o con el e-book iba a morir el libro en papel… La literatura sobrevivirá a esta.
Cada vez más lectores buscan novelas que les desafíen intelectualmente. ¿Crees que la literatura actual está respondiendo a esa demanda? ¿Algún autor o libro reciente te ha impactado especialmente?
Claro que sí. Últimamente he estado obsesionada con Eugenides, pero algunos textos contemporáneos que me han encantado esta temporada son: All fours de Miranda July, El buen mal de Schweblin, Se acabó el recreo de Ferrari, Los últimos americanos de Brandon Taylor o La camisa de hielo de Vollmann.
¿Cómo ves el papel de la literatura en la exploración de temas como la alienación, la hiperconectividad y el misterio, que están tan presentes en tu obra?
La literatura no tiene la obligación de explicar nada, pero sí puede señalar fisuras. Es uno de los pocos lugares donde todavía se puede ser ambiguo, contradictorio, desesperado, sin tener que justificarlo todo.
Costruita su un’antica villa romana di epoca imperiale, ai tempi di Settimio Severo, fu la residenza privata dell’imperatrice Elena, madre di Costantino, che probabilmente la dedicò già al culto cristiano. Su quel nucleo iniziale del IV secolo, si amplia la basilica che dal Medioevo è una delle sette basiliche giubilari. Rispetto alla Spagna, c’è stato per diversi secoli un grande legame manifesto nel numero di cardinali spagnoli che furono titolari di detta chiesa, tradizione concorde, come suggerì lo storico Elías Tormo, con il fatto che dall’inizio del XVI secolo i re di Spagna furono anche canonicamente re di Gerusalemme.
Esisteva la legenda che sotto il suo pavimento originale vi fosse stata collocata la terra del monte Calvario portata da Sant’Elena. Nel 1492, nel corso dei lavori di rinnovo della chiesa, finanziati dal suo cardinale titolare, Pedro González de Mendoza, fu trovata nella parte superiore dell’arco trionfale una cassa con il Titulus Crucis, il cartello della crocifissione di Cristo. In questo momento il cardinale dovette commissionare la decorazione ad affresco dell’enorme abside della chiesa, che viene attribuita ad Antoniazzo Romano.
A González de Mendoza seguì il cardinale Bernardo López de Carvajal, che ordinò la decorazione a mosaico del soffitto della cappella semisotterranea di Sant’Elena, come riferisce un’iscrizione fatta apporre dal cardinale Alberto, arciduca d’Austria, alla fine del XVI secolo, in occasione del restauro della cappella che fu dipinta da Antonio Circignani e i cui vecchi mosaici, attribuiti a volte a Melozzo da Forlì (verso il 1484) e altre a Baldassarre Peruzzi (verso il 1510), furono restaurati in questo momento.
Si sconosce l’autore del sepolcro di López de Carvajal, situato nell’abside accanto a quello di González de Mendoza, ma sappiamo che lo splendido tumulo del cardinale García de Quiñones, al centro dell’abside, fu realizzato nel 1536 da Jacopo Sansovino.
Construida sobre una antigua villa romana de época imperial, en tiempos de Septimio Severo, fue residencia privada de la emperatriz Elena, madre de Constantino, quien ya probablemente la dedicó al culto cristiano. Sobre ese núcleo inicial del siglo IV, se amplía la basílica que desde la Edad Media es una de las siete basílicas jubilares. Con respecto a España, ha habido durante varios siglos una gran vinculación manifiesta en el número de cardenales españoles que fueron titulares de dicha iglesia, tradición acorde como sugirió el historiador Elías Tormo, con el hecho de que desde comienzos del siglo XVI los reyes de España fueran también canónicamente reyes de Jerusalén.
Existía la tradición de que bajo su pavimento original se había colocado tierra del monte Calvario traída por Santa Elena. En 1492, en el curso de las obras de renovación de la iglesia, sufragadas por su cardenal titular, Pedro González de Mendoza, se encontró en la parte superior del arco triunfal una caja con el Titulus Crucis, el rótulo de la crucifixión de Cristo. En este momento el cardenal debió comisionar la decoración al fresco del enorme ábside de la iglesia, que se atribuye a Antoniazzo Romano.
A González de Mendoza siguió el cardenal Bernardo López de Carvajal, que ordenó la decoración en mosaico del techo de la capilla semisubterránea de Santa Elena, tal y como refiere una inscripción mandada colocar por el Cardenal Alberto, Archiduque de Austria, a fines del siglo XVI, en ocasión de la restauración de la capilla que fue pintada por Antonio Circignani y cuyos viejos mosaicos, atribuidos unas veces a Melozzo da Forli (hacia1484) y otras a Baldassarre Peruzzi (hacia 1510) fueron restaurados en este momento.
Se desconoce el autor del sepulcro de López de Carvajal, situado en el ábside junto al de González de Mendoza, pero sabemos que el espléndido túmulo del Cardenal García de Quiñones, en medio del ábside, fue realizado en 1536 por Jacopo Sansovino.
Questo libro raccoglie cinque fra gli interventi delle e degli illustri ispanisti italiani che il 15 settembre 2023 hanno partecipato alle celebrazioni per il Cinquantenario dell’AISPI (Associazione ispanisti italiani) presso l’Università “Sapienza” di Roma. L’evento è stato organizzato dal XVI Consiglio direttivo dell’Associazione (2021-2024), presieduto da Marco Presotto, ed è stato patrocinato dall’Instituto Cervantes. Il volume si apre con una “Presentación” (pp. 5-9) a cura di Marco Presotto e Renata Londero, Presidente del XVII Direttivo di AISPI (2024-2027), per poi proseguire con i cinque interventi degli studiosi che attraverso la propria attività accademica e scientifica hanno dato impulso alla nascita e allo sviluppo dell’Associazione: Aldo Ruffinatto, Maria Caterina Ruta, Laura Dolfi, Maria Vittoria Calvi e Gabriele Morelli. Nel dipanare ricordi e riflessioni fondati su dati storici precisi, i cinque ispanisti sottolineano il fatto che nel corso dei decenni l’AISPI è diventata una delle associazioni più attive nell’area degli studi linguistici e letterari in Italia e nel seno dell’ispanismo internazionale, organizzando numerosi eventi scientifici e didattici con entusiasmo, spirito di servizio e slancio di condivisione, a favore dei suoi quasi 400 socie e soci. La stima profonda, sincera e affettuosa che Ruffinatto, Ruta, Dolfi, Calvi e Morelli ‒ tutti Presidenti di AISPI in diversi momenti della sua storia ‒ provano ed esprimono nei confronti dell’Associazione si evince bene dai titoli che hanno voluto dare ai propri contributi: AISPI 50. Las raíces (A. Ruffinatto, pp. 10-16), L’AISPI: un amore durato più di cinquant’anni (M.C. Ruta, pp. 17-27), Algo más sobre la historia y pre-historia de A.ISP.I. (L. Dolfi, pp. 28-43), Mi trayectoria en la AISPI: itinerarios de la memoria (M.V. Calvi, pp. 44-61), Memorias de un hispanista de principios de los años Sesenta (G. Morelli, pp. 62-81).
En este libro se recogen cinco de las intervenciones de las y los ilustres hispanistas italianos que participaron en el acto que se celebró el 15 de septiembre de 2023 en la Universidad “Sapienza” de Roma, para celebrar el Cincuentenario de AISPI (Associazione ispanisti italiani). La organización corrió a cargo de la XVI Junta directiva de la Asociación (2021-2024), presidida por Marco Presotto, y obtuvo el patrocinio del Instituto Cervantes. El volumen se abre con una “Presentación” (pp. 5-9) de Marco Presotto y Renata Londero, Presidente de la XVII Junta directiva de AISPI (2024-2027), y prosigue con las cinco intervenciones de estudiosos que a través de su labor académica y científica han marcado el nacimiento y la trayectoria de la Asociación: Aldo Ruffinatto, Maria Caterina Ruta, Laura Dolfi, Maria Vittoria Calvi y Gabriele Morelli. Hilvanando memorias y reflexiones fundamentadas en precisos datos históricos, los cinco hispanistas subrayan el hecho de que, a lo largo de las décadas, AISPI se ha convertido en una de las más activas asociaciones en el área de los estudios lingüísticos y literarios en Italia y dentro del hispanismo internacional, organizando numerosos eventos científicos y didácticos con entusiasmo, espíritu de servicio y voluntad de condivisión, a favor de sus casi 400 socias y socios. El aprecio profundo, sincero y cariñoso que Ruffinatto, Ruta, Dolfi, Calvi y Morelli ‒todos ellos Presidentes de AISPI en distintos momentos de su historia‒ sienten y expresan por la Asociación destaca en los títulos que han querido dar a sus contribuciones: AISPI 50. Las raíces (A. Ruffinatto, pp. 10-16), L’AISPI: un amore durato più di cinquant’anni (M.C. Ruta, pp. 17-27), Algo más sobre la historia y pre-historia de A.ISP.I. (L. Dolfi, pp. 28-43), Mi trayectoria en la AISPI: itinerarios de la memoria (M.V. Calvi, pp. 44-61), Memorias de un hispanista de principios de los años Sesenta (G. Morelli, pp. 62-81).
Mercoledì scorso, 7 maggio, abbiamo avuto la opportunità di collaborare con l’Ambasciata del Perù in Italia per la presentazione del libro per bambini “Buscando un arcoíris” di Ricardo Salamanca. Attraverso una conversazione sapientemente moderata dalla professoressa di spagnolo Rocío Castro, si è creata una sinergia vibrante tra l’autore e l’intervistatrice, che ha stimolato l’interazione e la partecipazione di quasi tutti i presenti.
Lo scrittore e diplomatico peruviano narra in “Buscando un arcoíris” la storia di Max, bambino che può sognare solo in bianco e nero e che intraprende un viaggio attraverso l’Australia alla ricerca dei colori perduti dei suoi sogni, incontrando diversi amici animali dalle mille sfumatore. Il messaggio che l’autore lancia sull’importanza del coraggio di chiedere aiuto nei momenti difficili, è stato il punto di partenza di un dialogo con lo scrittore sulla rilevanza della letteratura infantile nella creazione del legame familiare. Si è così riflettuto sul processo creativo, sulla simbologia del racconto e sulle scelte dell’autore nel narrare una storia che in realtà riflette lui stesso, le sue esperienze personali e i suoi cari.
È degno di nota come ciò che ha conferito un carattere così speciale all’incontro, svoltosi presso la Biblioteca María Zambrano, sia stata la proattività di tutto il pubblico nel dialogare con l’autore, nel condividere le proprie esperienze, opinioni e speranze. Gli ascoltatori hanno potuto identificarsi con un padre che scrive una storia per suo figlio, con la magia racchiusa nel momento di raccontare una favola a un bambino prima addormentarsi e con l’estrema necessità di portare la letteratura infantile al centro di molte conversazioni. È stata di sicuro una presentazione, sottoforma di chiacchierata colloquiale, illuminante per la comunità sotto diversi aspetti.
Non resta che ringraziare l’autore per la generosa donazione. Ora disponiamo di una copia in spagnolo e una in italiano, per tutti coloro che sono rimasti affascinati dalla presentazione, per tutti i lettori del nostro blog e, naturalmente, per tutti i padri, le madri e le persone che desiderano sognare a colori con i loro bambini.
El pasado miércoles 7 de mayo tuvimos la oportunidad de colaborar con la Embajada de Perú en Italia en la presentación del libro infantil Buscando un arcoíris, de Ricardo Salamanca. A través de una conversación moderada por la profesora de español Rocío Castro se creó una sinergia entre el autor y la entrevistadora que dio pie a la interacción y participación de casi todos los allí presentes.
El escritor y diplomático peruano cuenta, a través de Buscando un arcoíris, la historia de Max, un niño que solo puede soñar en blanco y negro y que busca como recuperar el color de sus sueños viajando por Australia y conociendo a diversos amigos animales muy variopintos. El mensaje que el escritor lanza sobre la valentía de pedir ayuda en momentos difíciles fue el punto de partida de un diálogo con el escritor sobre la relevancia de la literatura infantil en la creación del vínculo familiar. Se reflexionó de esa manera sobre el proceso de creación, la simbología del relato y las elecciones del autor para contar una historia que en realidad le refleja a él, a sus vivencias y a sus seres queridos.
Es de destacar que lo que brindó de un carácter tan especial al encuentro que tuvo lugar en la Biblioteca María Zambrano fue la proactividad de todo el público para conversar con el autor, para comentar sus experiencias, sus opiniones y sus esperanzas. Los oyentes pudieron identificarse con un padre que le escribe una historia a su hijo, con la magia que esconde el momento de relatarle a un niño un cuento antes de irse a dormir y en la extrema necesidad de traer la literatura infantil al foco de muchas conversaciones. Definitivamente fue una presentación, a modo de charla, iluminadora para la comunidad en muchos sentidos.
Sólo falta agradecer la generosa donación del autor disponemos ahora de una copia en español y otra en italiano que quedan a disposición de todos los que quedaron cautivados tras la presentación, a todos los lectores de nuestro blog y por supuesto a todos los padres, madres y todos aquellos que quieran soñar en colores con sus niños.
La basilica attuale, quella di maggiori dimensioni dopo San Pietro in Vaticano, in orgine aveva dei legami con l’ambiente spagnolo. Nonostante sembra trattarsi di un’iniziativa di costruzione risalente all’epoca di Costantino, fu oggetto di successive riforme da parte di diversi imperatori che le conferirono le sue attuali dimensioni. Tra questi vi è Teodosio, originario di Cacua, l’attuale Coca, in provincia di Segovia. Consacrata dal Papa Silvestro I nell’anno 324 sorgeva dove, secondo l’antica tradizione, era stato seppellito il Santo eponimo.
Il tempio che vediamo oggi è il risultato di numerose opere e aggiunte, realizzate a partire dalla cella memoriae iniziale per il Santo. Nonostante sia stata costruita successivamente rispettando in gran parte la morfologia antica, la basilica rimase distrutta nella sua totalità come conseguenza di un grave incendio nel 1823. Si conservarono solamente il transetto, l’arco santo e parte della facciata che però fu demolita poco dopo.
Al tempio si accede attraverso un ampio quadriportico al centro del quale si innalza una statua di San Paolo di Giuseppe Obici. Il mosaico della parte superiore della facciata, che rappresenta Cristo tra i Santi Pietro e Paolo, risale alla metá del XIX secolo. L’interno è diviso da ottanta colonne monolitiche di granito de Montorfano, in cinque navate, tra le quali risalta quella centrale per la sua trasparenza, aspetto che la fa spiccare tra tutte le altre basiliche romane. Tra gli elementi più significativi occore segnalare il mosaico dell’abside, nel quale appare raffigurato Cristo intento nella benedizione, circondato dai santi Pietro, Andrea, Paolo e Luca, con Onorio III ai suoi piedi; il cosiddetto arco di trionfo nella navata centrale e i tondi nel mosaico con i ritratti di tutti i pontefici da San Pietro a Giovanni Paolo II, così come il monastero medievale (XII-XIII secolo).
Esta actual basílica, la de mayor tamaño tras San Pedro del Vaticano, tiene también, en origen, ciertas conexiones con el ámbito hispano. Si bien parece tratarse de una iniciativa constructiva de época constantiniana, fue objeto de posteriores reformas por diferentes emperadores que le proporcionaron sus dimensiones actuales. Entre ellos se encuentra Teodosio, natural de Cauca, actual Coca, en la provincia de Segovia. Consagrada por el papa Silvestre I en el año 324, se levantaba donde, según la antigua tradición, había sido enterrado el Santo epónimo.
El templo que vemos hoy es el resultado de numerosas obras y añadidos, realizados a partir de la cella memoriae inicial para el Santo. A pesar de haber sido reconstruida posteriormente respetando en buena parte la morfología antigua, la basílica quedó destruida en su práctica totalidad como consecuencia de un grave incendio ocurrido en 1823. Tan sólo se conservaron el transepto, el arco santo y parte de la fachada que, no obstante, fue más tarde demolida.
Al templo se accede a través de un amplio cuadripórtico en cuyo centro se alza una estatua de San Pablo de Giuseppe Obici. El mosaico de la parte superior de la fachada, que representa a Cristo entre los santos Pedro y Pablo, data de mediados del siglo XIX. El interior está dividido, por medio de ochenta columnas monolíticas de granito de Montòrfano, en cinco naves, de entre las que destaca la central por su gran diafanidad, aspecto que la destaca de entre todas las basílicas romanas. De entre los elementos más significativos, cabe señalar el mosaico del ábside, en el que aparece representado Cristo bendiciendo, rodeado de los santos Pedro, Andrés, Pablo y Lucas, con Honorio III a sus pies; el llamado arco de triunfo en la nave y los tondos en mosaico con los retratos de todos los pontífices, desde San Pedro hasta Juan Pablo II, así como el claustro medieval (siglos XII-XIII).
Selección 50 títulos cómics españoles e hispanoamericanos por Vicente Funes para la Biblioteca María Zambrano del Instituto Cervantes de Roma. Abril 2025.
El siguiente listado reúne una selección de obras significativas dentro de la historia del cómic español e hispanoamericano que, como todo listado sin ninguna pretensión de exhaustividad o de constituir un canon, resulta inevitablemente subjetivo y guiado por el criterio personal de quien lo redacta. Por supuesto, incluye títulos que se entenderían básicos en cualquier historia de nuestro cómic, pero también otros más actuales que se incluyen con idea de diversificar lo más posible la selección, y sobre todo, con el deseo de ofrecer un panorama de la riqueza del cómic en español.
*Daniel Cuello es la única excepción en el listado al ser un autor argentino-italiano que publica en italiano. Su doble nacionalidad y el interés de su obra motivan su inclusión.
Intervista a Pablo Sainz Villegas
Approffitando della visita di Pablo Sainz Villegas per el primo concerto del ciclo «Chitarre del Mediterraneo: un viaggio musicale attraverso Spagna e Italia», che celebra la ricca storia e cultura di Spagna e Italia attraverso alcuni dei brani più virtuosi e belli del repertorio chitarristico, abbiamo intervistato il chitarrista spagnolo.
La prima volta che siete salito su un palco avevate solo sette anni, a quanti anni avete iniziato a suonare la chitarra e come fu il primo approccio a questo strumento?
Ho iniziato a suonare la chitarra a sei anni. A casa, i miei genitori credevano in un’educazione umanistica, così sia mia sorella che io abbiamo iniziato con la musica come parte della nostra formazione. Fu una decisione molto naturale, quasi come imparare a leggere o a parlare. Ricordo che mi affascinava osservare come le corde vibrassero, come il legno risuonasse solo sfiorandolo. Ma fu a sette anni, durante il mio primo concerto, quando realmente sentii la magia. Quella sensazione di condividere qualcosa di invisibile ma profondamente umano con chi ti ascolta…fu un momento rivelatore. Da allora, capii che la chitarra non fosse solamente un strumento, ma un modo di toccare l’anima.
In una intervista che vi hanno fatto recentemente, dicevate che la musica unifica la condizione umana. Che ruolo ha svolto la chitarra spagnola come “elemento unificatore” dell’identità latinoamericana?
La chitarra è uno strumento che appartiene tanto alla Spagna quanto al resto del mondo. Il suo viaggio in America Latina è stato più di una traversata geografica: è stato un incontro emozionale. Nel continente latinoamerico, la chitarra si è adattata con una naturalezza soprendente, come se vivesse già nell’anima dei suoi popoli. La ascoltiamo nei mariachi del Messico, nei tanghi dell’Argentina, nella samba del Brasile, nelle cuecas del Cile…È uno strumento che è diventato parte della voce di ogni cultura.
Dico sempre che la chitarra è lo strumento più democratico che esista: è alla portata di tutti, non necessita di grandi risorse e, tuttavia, può esprimere l’intero ventaglio della condizione umana. È anche il più vicino al cuore delle persone. In America Latina è stata testimone di celebrazioni, di lotte, di nostalgie e di sogni. E questo la rende un potente simbolo di unità, di identità e di resistenza poetica. La chitarra, in quel contesto, è un ponte emozionale che unisce storie, accenti e generazioni.
“El legado de la música sin fronteras” (“L’eredità della música senza frontiere”) è un progetto che intende promuovere la comprensione tra culture. Crede che la situazione politica attuale condizioni in qualche modo la produzione musicale recente?
Viviamo in un momento di grandi tensioni, dove spesso si alzano muri invece di ponti. E la musica, come forma d’arte profondamente legata alla libertà, non può essere estranea a questo contesto. È ovvio che ci sono condizionamenti politici e sociali che influenzano ciò che si crea, come si condivide, chi può accedere a certi spazi. Ma è proprio per questo che questo progetto è così necessario. Perché la musica può essere una trincea o una carezza, un grido o un abbraccio. E io preferisco che sia sempre un linguaggio che faccia unire le persone, capace di ricordarci la nostra umanità comune.
In questo contesto, crede che sia molto più necessario, ora più che mai, rafforzare la funzione educativa della musica in tenera età?
Certamente. La musica è uno strumento trasformativo, specialmente nell’infanzia. Non solo sviluppa capacità o abilità sociali, ma alimenta la sensibilità, l’empatia e la capacità di ascoltare, che è qualcosa di cui il mondo ha disperatamente bisogno. Io ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia dove la musica faceva parte della nostra educazione fin da piccoli. E questo mi ha segnato profondamente. Scomettere sulla musica nell’educazione è scommettere su una società più connessa, più sensibile e, soprattutto, più umana.
Da dove nasce l’idea di creare questo ciclo in cui si uniscono la tradizione musicale di due paesi con così tanti legami culturali in comune come Spagna e Italia?
Questo ciclo nasce da un bellissimo invito del direttore Ignacio Peyró, la cui sensibilità e amore per la cultura hanno reso possibile questo incontro. Fin dal primo momento, abbiamo condiviso una stessa intuizione: che Spagna e Italia sentono la storia in modo simile. Ci unisce uno sguardo comunque verso la bellezza, verso la tradizione, verso ciò che perdura attraverso l’arte. Ci unisce la musica, l’eredità e quella forma mediterránea di intender la vita attraverso l’emozione.
Questo ciclo cerca precisamente questo: tendere ponti tra due culture sorelle, ritorvarsi in ciò che è condiviso e celebrarlo. E la chitarra, per la sua storia, per la sua presenza sia in Spagna che in Italia, è lo strumento perfetto per farlo. È il linguaggio che parla a entrambi i popoli e che, senza bisogno di parole, connette i cuori. La chitarra ci ricorda che ciò che ci unisce è molto più potente di ciò che ci separa e che la musica continua a essere un modo che abbracciare l’altro.
Aprovechando la visita de Pablo Sainz Villegas para el primer concierto del ciclo «Guitarras del Mediterráneo: un viaje musical a través de España y Italia», que celebra la rica historia y cultura de España e Italia a través de algunos de los fragmentos más virtuosos y bellos del repertorio guitarrístico, hemos entrevistado al guitarrista español.
La primera vez que se subió a un escenario tenía solo 7 años, ¿con qué edad empezó a tocar la guitarra y cómo fue su aproximación a este instrumento?
Empecé a tocar la guitarra con seis años. En casa, mis padres creían en una educación humanista, así que tanto mi hermana como yo empezamos con la música como parte de nuestra formación. Fue una decisión muy natural, casi como aprender a leer o a hablar. Recuerdo que me fascinaba observar cómo las cuerdas vibraban, cómo la madera resonaba con solo rozarla. Pero fue a los siete años, en mi primer concierto, cuando realmente sentí la magia. Esa sensación de compartir algo invisible pero profundamente humano con quien te escucha… fue un momento revelador. Desde entonces, entendí que la guitarra no era solo un instrumento, sino una forma de tocar el alma.
En una entrevista que le hicieron recientemente decía que la música unifica la condición humana. ¿Qué papel ha desempeñado la guitarra española como elemento unificador de la identidad latinoamericana?
La guitarra es un instrumento que le pertenece tanto a España como al mundo. Su viaje a América Latina fue mucho más que una travesía geográfica: fue un encuentro emocional. En el continente latinoamericano, la guitarra se adaptó con una naturalidad asombrosa, como si ya viviera en el alma de sus pueblos. La escuchamos en los mariachis de México, en los tangos de Argentina, en la samba de Brasil, en las cuecas de Chile… Es un instrumento que se ha hecho parte de la voz de cada cultura.
Siempre digo que la guitarra es el instrumento más democrático que existe: está al alcance de todos, no necesita grandes recursos, y sin embargo, puede expresar el abanico completo de la condición humana. Es también el más cercano al corazón de las personas. En América Latina ha sido testigo de celebraciones, de luchas, de nostalgias y de sueños. Y eso la convierte en un poderoso símbolo de unidad, de identidad y de resistencia poética. La guitarra, en ese contexto, es un puente emocional que une historias, acentos y generaciones.
“El legado de la música sin fronteras” es un proyecto que pretende promover el entendimiento entre culturas. ¿Cree que la situación política actual condiciona de alguna manera la producción musical reciente?
Vivimos un momento de grandes tensiones, donde muchas veces se levantan muros en lugar de puentes. Y la música, como forma de arte profundamente ligada a la libertad, no puede ser ajena a este contexto. Es cierto que hay condicionantes políticos y sociales que influyen en lo que se crea, en cómo se comparte, en quién puede acceder a ciertos espacios. Pero precisamente por eso, “El legado de la música sin fronteras” es tan necesario. Porque la música puede ser una trinchera o una caricia, un grito o un abrazo. Y yo prefiero que sea siempre un lenguaje de encuentro, capaz de recordarnos nuestra humanidad común.
En este contexto, ¿cree que es mucho más necesario, ahora que nunca, reforzar la función educativa de la música a una temprana edad?
Sin duda. La música es una herramienta transformadora, especialmente en la infancia. No solo desarrolla capacidades cognitivas o habilidades sociales, sino que alimenta la sensibilidad, la empatía y la capacidad de escuchar, que es algo que el mundo necesita desesperadamente. Yo tuve la suerte de crecer en una familia donde la música formaba parte de nuestra educación desde pequeños. Y eso me marcó profundamente. Apostar por la música en la educación es apostar por una sociedad más conectada, más sensible y, sobre todo, más humana.
¿De dónde surge la idea de crear este ciclo en el que se unen la tradición musical de dos países con tantos lazos culturales en común como España e Italia?
Este ciclo nace de una hermosa invitación del director Ignacio Peyró, cuya sensibilidad y amor por la cultura hicieron posible este encuentro. Desde el primer momento, compartimos una misma intuición: que España e Italia sienten la historia de manera similar. Nos une una mirada común hacia la belleza, hacia la tradición, hacia lo que perdura a través del arte. Nos une la música, el legado, y esa forma mediterránea de entender la vida a través de la emoción.
Este ciclo busca precisamente eso: tender puentes entre dos culturas hermanas, reencontrarse en lo compartido y celebrarlo. Y la guitarra, por su historia, por su presencia tanto en España como en Italia, es el instrumento perfecto para hacerlo. Es el lenguaje que habla a ambos pueblos y que, sin necesidad de palabras, conecta corazones. La guitarra nos recuerda que lo que nos une es mucho más poderoso que lo que nos separa, y que la música sigue siendo una forma de abrazar al otro.
Il 23 aprile del 1616 morivano Miguel de Cervantes, Shakespeare e l’Inca Garcilaso de la Vega, tre autori che hanno attraversato i confini e che oggi sono diventati un riferimento imprescindibile della letteratura universale. Per questo motivo, l’UNESCO scelse quel giorno come Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore. Per celebrarlo, l’Instituo Cervantes di Roma ha ideato, nel suo programma 2025, una serie di diverse attività che si inseriscono nel mese del libro e che invitano ogni tipo di pubblico a celebrare la passione per i libri e la letteratura.
Bibliotecario per un giorno
In questa nuova edizione del ciclo “Biblioteario per un giorno”, Vicente Funes, coordinatore di Comicteca e Strategie Digitali della Biblioteca Regionale di Murcia (Spagna) e ricercatore per la Reale Accademia di Spagna a Roma, sarà incaricato di condividere con i lettori i fumetti che sono stati fondamentali nella storia del fumetto spagnolo e ispanoamericano. Con la sua contagiosa passione e le se profonde conoscenze, esplorerà le origini di questa forma d’arte, scoprendo come si è evoluta nel corso dei decenni, adattandosi ai cambiamenti sociali e culturali. L’attività si svolgerà il 9 aprile alle 17:30 presso la Biblioteca María Zambrano e inaugurerà in modo magistrale il mese del liro per tutti gli appassionati o i curiosi del mondo del fumetto.
Raccontastorie
IIn occasione per la celebrazione di San Giorgio e la Giornata Internazionale del Libro, la Biblioteca dell’Istituo Cervantes ha organizzato un cuentacuentos molto speciale nel quale i bambini viaggeranno con la mente in un mondo magico di fantasia e scopriranno l’origine della leggenda di San Giorgio. L’attrice Dèssirée Briones ci racconterà la storia di “El draóno, la princesa, San Jorge y la rosa”, di Jordi Serra i Fabra, dove un feroce drago terrorrizzava tutti gli abitanti di un piccolo paese. Sabato 12 aprile alle ore 10:30 si presenta questa opportunità di vivere le avventure di questo racconto in famiglia e incoraggiare i più piccoli a celebrare la lettura.
Scambio di libri
In un’altra delle attività proposte per la celebrazione della Giornata Internazionale del Libro, invitiamo tutti i nostri lettori a condividere, consigliare e scambiare i libri. Non importa di che genere o epoca appartenga il libro scelto, se una saga o un saggio breve, un classico o un fumetto moderno. L’unica cosa che importa è che i libri siano scritti in spagnolo e che abbiano un significato per ognuno dei lettori. Lo scambio sarà disponibile mercoledì 16 aprile dalle ore 09:30 alle ore 17:30 nella Biblioteca María Zambrano. Incoraggiamo tutti i nostri lettori a partecipare, poiché questa attività rappresenta un modo fantastico per trovare forza e ispirazione nei libri e celebrarli.
Conferenza “ I ponti della Lingua”engua»
In celebrazione del Giorno della Lingua Spagnola nell’Ano Giubilare 2025, le Ambasciate del Perù e di Spagna presso la Santa Sede, in collaborazione con l’Istituto Cervantes, presentano la conferenza “I ponti della Lingua: Dialogo tra Miguel de Cervantes Saavedra e l’Inca Garcilaso de la Vega”. Tra le esposizioni di Max Hernández (Segretario dell’Accordo Nazionale), Estrella Guerra Caminiti (Pontificia Università Cattolica del Perù) e Carmen de Mora (Università di Siviglia) si discuterà della ricchezza culturale e storica della lingua spagnola attraverso le figure emblematiche menzionate. Sarà disponibile un’interpretazione simultanea in spagnolo, italiano e inglese, quindi non ci sono scuse per perdersi l’appuntamento nell’Aula Magna della Pontificia Università Gregoriana il 15 aprile alle ore 17:00.
El día 23 de abril de 1616 fallecían Miguel de Cervantes, Shakespeare y el Inca Garcilaso de la Vega, tres autores que han traspasado fronteras y que hoy en día se han convertido en referencia imprescindible de la literatura universal. Por ese motivo, la UNESCO eligió ese día como Día Internacional del Libro y los Derechos de Autor.
Para celebrarlo, el Instituto Cervantes de Roma ha ideado en su programa 2025 una serie de diversas actividades que se enmarcan dentro del mes del libro y que invitan a todo tipo de público a celebrar la pasión por los libros y la lectura.
Bibliotecario por un día
En esta nueva edición del ciclo , «Bibliotecario por un día» Vicente Funes, coordinador de Comicteca y Estrategias digitales de la Biblioteca Regional de Murcia (España) e investigador de la Real Academia de España en Roma, será el encargado de compartir con los lectores los cómics que han sido fundamentales en la historia del cómic español e hispanoamericano.
Con su contagiosa pasión y sus profundos conocimientos explorará los orígenes de esta forma de arte, descubriendo cómo ha evolucionado a lo largo de las décadas, adaptándose a los cambios sociales y culturales. La actividad se realizará el 9 de abril a las 17:30 en la Biblioteca María Zambrano e inaugurará de forma magistral el mes del libro para todos aquellos fanáticos o curiosos del mundo del cómic.
Cuentacuentos
Con motivo de la celebración de San Jorge y del Día del Libro se ha organizado en la biblioteca del Instituto Cervantes un cuentacuentos muy especial en el que los niños viajarán a un mundo mágico de fantasía y conocerán el origen de la leyenda de San Jorge.
La actriz Dèssirée Briones, nos contará la historia de «El dragón, la princesa, san Jorge y la rosa», de Jordi Serra i Fabra, donde un feroz dragón atemorizaba a todos los habitantes de un pequeño pueblo. El sábado 12 de abril a las 10:30 se presenta esta oportunidad de vivir las aventuras de este cuento en familia y animar a los más pequeños a celebrar la lectura.
Intercambio de libros
En otra de las actividades propuestas para la celebración del Día Internacional del Libro invitamos a todos nuestros lectores a compartir, recomendar e intercambiar libros.
No importa de qué género o época sea el libro elegido, si una saga o un ensayo corto, un clásico o un cómic moderno. Lo único que importa es que los libros estén escritos en español y que tengan un significado especial para cada uno de los lectores. El intercambio estará disponible el miércoles 16 de abril de 9:30 a 17:30 en la Biblioteca María Zambrano. Animamos a participar a todos nuestros lectores, ya que está actividad supone una forma estupenda de encontrar fuerza e inspiración en los libros y de celebrarlos.
Conferencia «Los puentes de la Lengua»
En celebración del Día de la Lengua Española en el Año Jubilar 2025, las Embajadas del Perú y de España ante la Santa Sede en conjunto con el Instituto Cervantes presentan la conferencia «Los Puentes de la Lengua: Diálogo entre Miguel de Cervantes Saavedra y el Inca Garcilaso de la Vega». Entre las exposiciones por parte de Max Hernández (Secretario del Acuerdo Nacional, Estrella Guerra Caminiti (Pontificia Universidad Católica del Perú) y Carmen de Mora (Universidad de Sevilla) se conversará sobre la riqueza cultural e histórica de la lengua española a través de las figuras emblemáticas mencionadas. Contará con una interpretación simultanea al español, italiano e inglés, así que no hay excusa para perderse la cita en el Aula Magna de la Pontificia Universidad Gregoriana el 15 de abril a las 17.00.
Il 21 marzo si festeggia la Giornata Internazionale della Poesia. in questa occasione pubblichiamo questa poesia della galiziana Chus Pato, autrice di dodici raccolte di poesie, pubblicate tra il 1991 e il 2023, per le quali ha ricevuto premi come il Premio Nazionale della Critica spagnola, il Losada Diéguez, il premio Irmandade do libro o il Clara Campoamor. Tra le sue opere piú importanti ricordiamo «m-Talá», «Hordas de escritura», «Carne de Leviatán» e «Sonora», per ila quale ha ricevuto il Premio Nazionale di Poesia 2024. I suoi libri sono stati tradotti in spagnolo, inglese, portoghese, olandese, bulgaro e francese. Selezioni delle sue poesie sono state tradotte in innumerevoli lingue. Il 23 settembre 2017 è entrata a far parte come membro a pieno titolo nella Reale Accademia Galega. Nel 2022 ha letto nella cittá di Ptuj la sua Carta aperta all’Europa. Vive vicino al bosco di Catasós, nel quale si conservano i castagni piú alti d’Europa.
Chus Pato, con la sua scrittura sperimentale e provocatoria, ha saputo rinnovare il linguaggio poetico, intrecciando elementi della tradizione galiziana con una visione critica e innovativa del mondo. I suoi versi sono un’esplorazione del corpo, della memoria, della storia e del potere, in un dialogo costante con la filosofia, la politica e le arti visive.
Tomba del subacqueo, Paestum
Se il cielo
è una roccia di calce bianchissima
e da lui, una volta abbandonata la città,
prendiamo la spinta per rompere la superfície delle acque
in cui abitano le ombre
Se vogliamo camminare di nuovo tra i pioppi
-magari per nostalgia dell’Orsa Maggiore
o bagnare lo sguardo nella Stella Polare-
ciò che dobbiamo fare é muovere il cielo.
«La frattura,
non saprei dirti com’è. successo,
ho aperto il letto
e il pensiero mi ha schiaffeggiato con un’intensità totale:
era l’indigenza celeste
un mendicante, il cielo
l’esposizione della sua smisurata pienezza
la cenere e lo sfolgorio degli astri
la povertà dei limiti.
Fu la mia unica consolazione
immaginare gli atomi
cadere nel vuoto come una pioggia eterna
l’idea del dirottamento
i dadi lanciati ancora una volta sul tavolo della sorte».
Cadono obbliqui
come neve sull’arenile del cuore
rossi come le onde
quando arpionate e date la caccia
alle balene.
Una volta abbandonata la città
muovere il cielo
sì, potrei farcela.
Traduzione: Attilio Castellucci
El 21 de marzo se celebra el Día Internacional de la Poesía. Por este motivo publicamos este poema de la gallega Chus Pato, autora de doce poemarios, publicados entre 1991 y 2023, por los que ha recibido galardones como el Premio Nacional de la Crítica, el Losada Diéguez, el Irmandade do libro o el Clara Campoamor. Entre sus obras destacan «m-Talá», «Hordas de escritura», «Carne de Leviatán» y «Sonora», por la que recibió el Premio Nacional de Poesía 2024. Sus libros han sido traducidos al español, inglés, portugués, holandés, búlgaro y francés. Selecciones de sus poemas han sido traducidas a innumerables idiomas. El 23 de septiembre de 2017 ingresó como académica de número en la Real Academia Galega. En 2022 leyó su Carta Abierta a Europa en la ciudad de Ptuj. Vive cerca del bosque de Catasós, donde se conservan los castaños más altos de Europa.
Chus Pato, con su escritura experimental y provocadora, ha sabido renovar el lenguaje poético, entrelazando elementos de la tradición gallega con una visión crítica e innovadora del mundo. Sus versos son una exploración del cuerpo, de la memoria, la historia y el poder, en un diálogo constante con la filosofía, la política y las artes plásticas.
Tumba do mergullador, Paestum
Se o ceo
é unha rocha de cal moi branca
e nel, unha vez abandonada a cidade,
collemos impulso para esgazar a tona das augas
na que habitan sombras
Se queremos volver camiñar entre os álamos
–se cadra por saudade da Osa Maior
ou ba.ar a ollada na Estrela do Norte–
o que temos que mover é o ceo.
«A fractura,
non sabería darche conta de como sucedeu,
abrín o leito, ti durmías
e o pensamento bateu en min con total intensidade:
era a indixencia celeste
un mendigo, o ceo
a exposición da súa totalidade inabarcable
a cinza e o fulgor dos astros
a pobreza dos límites.
Foi o meu único consolo
a imaxinación dos átomos
caendo no baleiro coma unha chuvia eterna
a idea da desviación
os dados rulando de novo no taboleiro do azar».
Caen coma neve
oblicuos no areal do corazón
vermellos coma as ondas
cando arpoades e dades caza
ás baleas.
Unha vez abandonada a cidade
mover o ceo
si, poderei facelo.
La costruzione è stata commissionata dall’imperatore di origine ispanica Marco Ulpio Traiano (98-117 d.C.).
La colonna è stata eretta, isolata e monumentale, nel centro storico di Roma, proprio all’inizio della Via dei Fori Imperiali e subito dopo Piazza Venezia. Situata originariamente tra le due biblioteche e la Basilica Ulpia, la piú grande basilica romana, è uno dei pochi monumenti dell’epoca romana che sono giunti al giorno d’oggi quasi intatti.
È formata da 25 blocchi di marmo di 3,5 metri di diametro. La somma della misura della base, del fusto e del capitello, raggiunge un’altezza di 29,76 metri (esattamente cento piedi romani), raggiungendo quasi i quaranta metri se le aggiungiamo il basamento (un’iscrizione sulla porta di ingresso ricorda che queste erano le dimenzioni dello sgombero realizzato per dar luce al foro e agli adiacenti mercati traiani). La superficie esterna della colonna è decorata con un fregio in bassorilievo continuo di circa 200 metri di longitudine, che si sviluppa nella spirale lungo il fusto.
I bassorilievi contengono circa 2500 figure, lastre di marmo alte ciascuna un metro e di straordinaria qualitá artística, che illustrano schematicamente alcuni degli episodi piú importante delle guerre fatte dall’imperatore durante la conquista della Dacia, l’attuale Romania (101-103 e 107-108 d.C.): il passaggio sul Danubio, gli assedi delle cittá e gli accampamenti, la deportazione del popolo vinto, le esecuzioni, i combattimenti e i saccheggi dell’esercito, e altri avvenimenti. Il basamento tridimensionale è decorato con rilievi di armi barbare e scudi.
Riguardo la scala che percorre l’interno del fusto, tramite essa si accede alla piataforma che incorona l’enorme capitello, in cui originalmente era situata una statua dell’imperatore, sostituita nel 1587 con una di San Pietro, opera di Tommaso della Porta e Leonardo Sormani.
Alla morte di Traiano in Cilicia, in Asia Minore, le sue ceneri contenute in un’urna furono depositate all’interno del basamento, anche se non si sa quando furono prelevate cosí come la loro storia precedente, nonostante ció esistono leggende e tradizioni al riguardo.
Mandada levantar por el embajador de origen hispano Marco Ulpio Trajano (97-117 d.C.), se erige aislada y monumental en el centro histórico de Roma, justo al inicio de la via dei Fori Imperiali e inmediata a Piazza Venezia.
Situado originalmente entre las dos bibliotecas y la basílica Ulpia, la mayor basílica romana, es uno de los pocos monumentos de la época romana que han llegado casi intactos hasta nuestros días.
Consta de 25 bloques de mármol de 3,5 metros de diámetro. La suma de las medidas de la base, el fuste y el capitel alcanza una altura de 29,76 metros (exactamente cien pies romanos), llegando casi a los cuarenta metros si añadimos el plinto (una inscripción en la puerta de entrada nos recuerda que estas eran las dimensiones del claro realizado para dar luz al foro y al adyacente Mercado de Trajano). La superficie exterior de la columna está decorada con un friso continuo de bajorrelieves de unos 200 metros de longitud, que recorre el fuste en espiral.
Los bajorrelieves contienen unas 2.500 figuras, losas de mármol de un metro de altura cada una y de extraordinaria calidad artística, que ilustran esquemáticamente algunos de los episodios más importantes de las guerras libradas por el emperador durante la conquista de Dacia, la actual Rumanía (101-103 y 107-108 d.C.): el cruce del Danubio, los asedios a ciudades y campamentos, la deportación de los pueblos vencidos, las ejecuciones, los combates y saqueos del ejército, y otros acontecimientos. La base tridimensional está decorada con relieves de armas y escudos bárbaros.
En cuanto a la escalera que recorre el interior del fuste, a través de ella se accede a la meseta que corona el enorme capitel, en la que originalmente se encontraba una estatua del emperador, sustituida en 1587 por una de San Pedro, obra de Tommaso della Porta y Leonardo Sormani.
A la muerte de Trajano en Cilicia, Asia Menor, sus cenizas contenidas en una urna fueron depositadas en el interior del zócalo, aunque se desconoce cuándo fueron recogidas así como su historia anterior, si bien existen leyendas y tradiciones sobre ellas.
Rosa Mascarell Dauder
Nella vita possono verificarsi alcune situazioni che ci fanno cambiare radicalmente direzione. María Zambrano ne ha dovute affrontare diverse. Quando era una dottoranda già insegnava come supplente presso la Universidad Central di Madrid, collaborava nella sezione femminile della Residencia de Estudiantes; in questo modo María de Maeztu vide in lei una perfetta sostituta nella continuazione del suo lavoro e nel suo ruolo nell’amministrazione. Inoltre, in quegli anni, partecipò come volontaria alle Misiones Pedagógicas. Se non fosse stato per il colpo di stato militare del 1963, prima o poi avrebbe sicuramente continuato il suo percorso universitario, un’istituzione che si stava gradualmente inserendo nelle nuove correnti femministe che stavano attraversando il mondo. È importante ricordare che nel 1920 María de Maeztu e Clara Campoamor entrarono a far parte dell’organizzazione mondale delle donne universitarie a sostegno della pace che si creò nel 1919, Graduate Women International, che ancora oggi porta avanti il suo impegno nel far occupare alle donne ruoli di responsabilità per prendere decisioni in un mondo più giusto.
Oggi ricordiamo María Zambrano per le sue opere, scritte quasi tutte durante l’esilio, un girovagare attraverso paesi e case diverse che la allontanò dal lavoro retribuito e la fece immergere nel mondo incerto della dedizione assoluta alla scrittura e alla bramata pubblicazione. Pubblicare e guadagnare attraverso le sue pubblicazioni è stato il suo stile di vita, insieme a tenere conferenze e seminari, e ha iniziato a sfruttare ogni momento, arrivando anche a rubare tempo al sonno per scrivere.
Oggi è una filosofa famosa, ma dobbiamo ricordare la fatica che lei e molte altre donne hanno fatto per dedicarsi alla scrittura, soprattutto dei saggi. Scrivere è un lavoro per le donne? Quanti lavori fanno le donne senza essere pagate? Faccio queste domande in un giorno che era dedicato alla donna lavoratrice e ora alla donna in generale; dovremmo chiederci il perché, probabilmente perché parlare di donne e di lavoro provoca domande insidiose. Maria Zambrano è stata una lavoratrice solo quando faceva parte del corpo docente dell’università (anche se era una semplice supplente)? Era una lavoratrice quando i suoi scritti si accumulavano sempre di più senza essere pubblicati?
María Zambrano è stata abbastanza lucida da sfruttare al meglio ciò che il destino le ha riservato e da trovare in ogni inferno un vuoto di pace in cui pensare e scrivere. Ora possiamo solo rendere onorare alla sua opera e leggerla traendone benefici.
Rosa Mascarell Dauder, responsabile della Fondazione María Zambrano, è stata la sua ultima segretaria. Il 12 giugno sarà all’Istituto Cervantes di Roma, accompagnata da Amparo Zacarés, per presentare i suoi ultimi libri dedicati alla filosofa.
MARÍA ZAMBRANO EN EL DÍA DE LA MUJER TRABAJADORA
Rosa Mascarell Dauder
Se dan situaciones en la vida que nos hacen cambiar de rumbo radicalmente. María Zambrano sobrellevó varias de ellas. Cuando era doctoranda ya estaba dando clases como sustituta en la Universidad Central de Madrid, colaboraba en la Residencia de Estudiantes- sección femenina- de manera que María de Maeztu veía en ella una continuadora de su labor y una firme candidata a sustituirla en la dirección. Además de ello, como voluntaria, participaba en aquellos años en las Misiones Pedagógicas. De no haber sido por el golpe militar de 1936, tarde o temprano hubiera seguramente seguido su camino en la Universidad, una institución que se iba incorporando poco a poco a los nuevos aires feministas que recorrían el mundo. Solo recordar que en 1920 María de Maeztu y Clara Campoamor se adscriben a la organización mundial de mujeres universitarias en favor de la paz que se crea en 1919, Graduate Women International, que sigue hoy en dicho esfuerzo intentando que las mujeres ocupen puestos de responsabilidad para tomar decisiones en favor de un mundo más justo.
Actualmente recordamos a María Zambrano por sus obras, escritas casi todas ellas en el exilio, un errar por diferentes países y domicilios que la apartó del trabajo asalariado y la sumergió en el incierto mundo de la dedicación exclusiva a la escritura y la ansiada publicación. Publicar y cobrar por ello fue su modo de vida, además de dar conferencias y seminarios, y se adaptó aprovechando cada momento robado al sueño para escribir. Ahora es una filósofa celebrada, pero debemos recordar el esfuerzo que supuso para ella y para tantas mujeres que se dedican a escribir ensayo especialmente. ¿Es un trabajo para la mujer el escribir? ¿Cuantas labores realiza una mujer sin salario? Pregunto estas cosas en un día que se dedicaba a la mujer trabajadora y ahora ya a la mujer en general, deberíamos preguntarnos el por qué, quizás porque provoca preguntas insidiosas hablar de mujer y trabajo. ¿Fue María Zambrano una mujer trabajadora solo cuando formaba parte del cuadro de profesores de la Universidad (aunque fuera simple sustituta)? ¿Trabajaba cuando se acumulaban sus escritos sin publicar?
María Zambrano tuvo la lucidez suficiente para aprovechar lo que el destino le deparó y encontrar en cada infierno un vacío de paz para pensar y escribir. Ahora no podemos más que honrar su trabajo y leerla con provecho.
Rosa Mascarell Dauder, patrona de la Fundación María Zambrano, ha sido su última secretaria. El 12 de junio estará en la Biblioteca María Zambrano del Instituto Cervantes de Roma, acompañada por Amparo Zacarés, para presentar sus últimos libros dedicados a la filósofa.
Sito nel Gabinetto di Velázquez, il quadro è una delle opere più famose dell’artista sivigliano a Roma. Nel ritratto si concentra tutto il genio del pittore nel definire un Innocenzo X il quale volto appare privato della bellezza, ma pieno di dignità. Sulla base difficile di carmini e il bianco del rocchetto e del colletto, le fattezze del Santo Padre sono rappresentate con dettaglio e minuziosità, e lo sguardo penetrante rimane rapidamente e profondamente impresso a chi lo contempla, come se si trattasse di una presenza reale. È da notare anche un foglio che il Pontefice tiene nella mano sinistra, in cui si trova il titolo dell’opera, il nome dell’autore, il luogo in cui si realizzò e l’anno: “Alla Sant. Di Nro. Sig. Innocencio X. Por Velázquez, de la Camera di S. M. Catt. Anno 1650”,
La maggior parte degli studiosi hanno lodato la maestria ammirabile con la quale il pittore catturò i tratti più profondi della personalità del Papa. Inoltre, alcuni studi attribuiscono all’opera un significato politico: un gesto di avvicinamento da parte della Corona spagnola al Papato, dopo una lunga alleanza di questa con i francesi.
Velázquez fece due viaggi in Italia. Nel suo primo viaggio, dal 1629 al 1631, che sembra esser stato solo di studio, anche se forse avrebbe svolto qualche missione diplomatica, il pittore sivigliano visitò Genova, Milano, Venezia, Ferrara, Cento, Roma (dove visse nel Palazzo Vaticano e nella Villa Medici) e Napoli. Nel suo secondo viaggio, da gennaio del 1649 a giugno del 1651, fatto per acquisire opere d’arte per la collezione reale, Velázquez fece un percorso simile a quello del viaggio precedente, ma trattenendosi più tempo a Roma, dove visse approssimativamente per un anno e mezzo. A Roma realizzò una dozzina di ritratti, tra i quali spicca, senza dubbio, quello del pontefice qui rappresentato.
Innocenzo X, il quale ritratto appartiene alla famiglia Pamphilj, nacque nel 1574. Fu eletto nel 1644 e il suo pontificato si estese fino al 1655, anno della sua morte.
Ubicado en el «Gabinetto» de Velázquez, el cuadro es una de las obras más famosas del artista sevillano en Roma. El retrato concentra todo el genio del pintor en definir a un Inocencio X cuyo rostro aparece desprovisto de belleza, pero lleno de dignidad. Sobre la difícil base de carmines y el blanco del roquete y del cuello, los rasgos del Santo Padre se representan con detalle y minuciosidad, y la mirada penetrante queda rápida y profundamente grabada en quien la contempla, como si se tratara de una presencia real. Destaca también una hoja de papel que el Pontífice sostiene en la mano izquierda, en la que figura el título de la obra, el nombre del autor, el lugar donde fue realizada y el año: «En Sant. De Nro. Señor Innocencio X. Por Velázquez, de la Camera di S. M. Catt. Año 1650»,
La mayoría de los estudiosos han alabado la admirable habilidad con la que el pintor plasmó los rasgos más profundos de la personalidad del Papa. Además, algunos estudios atribuyen a la obra un significado político: un gesto de acercamiento de la Corona española al Papado, tras su larga alianza con los franceses.
Velázquez realizó dos viajes a Italia. En su primer viaje, de 1629 a 1631, que parece haber sido sólo de estudio, aunque pudo tener alguna misión diplomática, el pintor sevillano visitó Génova, Milán, Venecia, Ferrara, Cento, Roma (donde vivió en el Palacio Vaticano y en la Villa Médicis) y Nápoles. En su segundo viaje, de enero de 1649 a junio de 1651, realizado con el fin de adquirir obras de arte para la colección real, Velázquez siguió una ruta similar a la de su viaje anterior, pero permaneció más tiempo en Roma, donde vivió aproximadamente un año y medio. En Roma realizó una docena de retratos, entre los que destaca sin duda el del pontífice aquí representado.
Inocencio X, cuyo retrato pertenece a la familia Pamphilj, nació en 1574. Fue elegido en 1644 y su pontificado se prolongó hasta 1655, año de su muerte.
Rappresenta uno degli spazi urbani più allussivi della Roma papale. Prende il nome dal Palazzo di Spagna, edificio che dal 1622 ospita la più antica sede al mondo come residenza permanente di un’Ambasciata, cioè la Santa Sede. Allo stesso tempo, è la prova evidente di come le relazioni politiche internazionali possano riflettersi nella gestione e nella configurazione dello spazio urbano.
Con la sua pianta irregolare, la forma della piazza somiglia a due triangoli uniti dai loro vertici. Questo punto di unione è preceduto della Fontana della Barcaccia ideata da Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo; si pensa che si sia ispirato a una barca che arrivò fin lì durante una delle indonazioni che la città si trovò ad affrontare.
Tuttavia, il punto più attrattivo della piazza è senza alcun dubbio la scalinata della Trinità dei Monti, facciata urbana ascendente dotata di una forte componente scenografica. Progettata nel Settecento, la sua morfologia si ispira all’ormai inesistente Porto di Ripetta, realizzato da Alessandro Specchi.
È composta da una serie di rampe che formano una scalinata di 12 gradini, ognuno dei quali gioca a restringersi ed estendersi in un movimento conitnuo, che alterna forme concave e convesse. Si sviluppa biforcandosi per unirsi nuovamente e distendersi fino a raggiungere la piazza superiore, dove l’obelisco Sallustiano segna la referenza visiva che presiede l’iniseme, con lo sfondo sulla facciata della Chiesa della Trinità dei Monti.
Constituye uno de los espacios urbanos más sugerentes de la Roma papal. Toma el nombre del Palacio de España, edificio que desde 1622 acoge la más antigua sede en el mundo de residencia permanente de una embajada, en este caso ante la Santa Sede. Al mismo tiempo constituye un clarísimo ejemplo de cómo las relaciones políticas internacionales pueden reflejarse en la gestión y configuración del espacio urbano.
De planta irregular, la forma de la plaza se asemeja a la de dos triángulos unidos por sus vértices. Este punto de confluencia está precedido por la Fuente de la Barcaza, diseñada por Pietro Bernini, padre de Gian Lorenzo; se cree que se inspiró en una barca que llegó allí durante una de las inundaciones que sufrió la ciudad.
Pero el mayor atractivo de la plaza es sin duda la ingeniosa escalinata de la Trinità dei Monti, frente urbano en ascensión con un fuerte componente escénico. Proyectada en el Settecento, su morfología se inspira en el desaparecido Puerto de Ripetta, ideado a su vez por Alessandro Specchi.
Se compone de una serie de tramos de escalinatas de 12 peldaños, cada uno de los cuales juega a estrecharse y extenderse en un juego de movimiento continuo, alternando formas cóncavas y convexas. Se desarrolla bifurcandose para volver a unirse y desdoblarse hasta alcanzar la plaza superior, donde el obelisco Sallustiano marca la referencia visual que preside el conjunto, con el telón de fondo de la fachada de la iglesia de Trinità dei Monti.
Lo scorso novembre, la sede centrale del CNR di Roma ha ospitato l’“Encuentro Cajal Italia”, un convegno dedicato a “Neuroscience-inspired Next Generation AI”, organizzato dalla Fondazione EBRI “Rita Levi-Montalcini” in collaborazione con l’Ambasciata di Spagna. L’evento ha celebrato il 90° anniversario della morte di Santiago Ramón y Cajal e ha visto la presentazione della traduzione italiana di Reglas y consejos sobre investigación científica (Los tónicos de la voluntad).
Quest’opera, frutto delle riflessioni di Cajal (1852-1934), deriva da un discorso pronunciato il 5 dicembre 1897 in occasione della sua ammissione alla Real Academia de Ciencias Exactas, Físicas y Naturales di Spagna. Scritta per orientare i giovani ricercatori nella loro carriera, offre anche considerazioni sul ruolo dello scienziato nella società e sull’importanza del supporto statale nella formazione scientifica.
Cajal enfatizzava la disciplina e il metodo scientifico come strumenti fondamentali per promuovere innovazione e meritocrazia. Sottolineava inoltre il valore del plurilinguismo per abbattere le barriere linguistiche e rendere la scienza spagnola accessibile a livello globale. Propose il sostegno governativo per creare istituzioni come la Junta de Ampliación de Estudios, che favorivano collaborazioni internazionali e modernizzavano l’educazione, unendo un forte senso di patriottismo a una visione globale. L’opera si articola in capitoli che offrono consigli pratici ai giovani scienziati, affrontando le qualità morali necessarie e le condizioni sociali favorevoli alla ricerca scientifica.
El pasado mes de noviembre, la sede central del CNR de Roma, acogió el “Encuentro Cajal Italia”, dedicado a la “Inteligencia Artificial de Próxima Generación Inspirada en la Neurociencia”, organizado por la Fundación EBRI “Rita Levi-Montalcini” en colaboración con la Embajada de España. Este evento conmemoró el 90° aniversario de la muerte de Santiago Ramón y Cajal y presentó la traducción italiana de Reglas y consejos sobre investigación científica (Los tónicos de la voluntad).
Esta obra, que recoge las reflexiones de Cajal (1852-1934), se basa en un discurso pronunciado el 5 de diciembre de 1897 al ser admitido en la Real Academia de Ciencias Exactas, Físicas y Naturales de España. Su objetivo es guiar a los jóvenes investigadores en sus trayectorias profesionales, además de ofrecer consideraciones sobre el papel del científico en la sociedad y la relevancia del apoyo estatal en la formación científica.
Cajal subrayaba la importancia de la disciplina y el método científico como pilares para fomentar la innovación y la meritocracia. También destacaba el valor del plurilingüismo para superar barreras lingüísticas y hacer que la ciencia española fuera accesible a nivel internacional. Propuso el respaldo gubernamental para establecer instituciones como la Junta de Ampliación de Estudios, que promovían colaboraciones internacionales y modernizaban el sistema educativo, combinando un fuerte sentido de patriotismo con una perspectiva global. La obra se organiza en capítulos que ofrecen consejos prácticos a los jóvenes científicos, abordando las cualidades morales necesarias y las condiciones sociales propicias para la investigación.
Alla luce del grande successo di pubblico e di critica, la mostra personale “Eduardo Chillida” (1924 – 2002) ospitata dall’Instituto Cervantes di Roma nella sede della Sala Dalí dal 23 ottobre 2024, è stata prorogata fino a sabato 25 gennaio 2025.
L’esposizione, organizzata dall’Instituto Cervantes di Roma e promossa dal Museo Chillida Leku con la collaborazione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, a cura di Javier Molins, nasce in occasione del centenario della nascita del grande artista e propone, per la prima volta nella capitale dopo trentadue anni, quarantuno opere dell’artista tra disegni, sculture e “gravitazioni” datate dal 1948 al 1997. Un’occasione veramente unica per ripercorrere l’evoluzione dell’opera dello scultore basco dalla figurazione all’astrazione.
Ante el gran éxito de público y crítica, la exposición individual «Eduardo Chillida» (1924 – 2002) que acoge el Instituto Cervantes de Roma en sede de la Sala Dalí desde el 23 de octubre de 2024, ha sido prorrogada hasta el sábado 25 de enero de 2025.
La muestra, organizada por el Instituto Cervantes de Roma y promovida por el Museo Chillida Leku con la colaboración de la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea de Roma, comisariada por Javier Molins, nace con motivo del centenario del nacimiento del gran artista y presenta, por primera vez en la capital después de treinta y dos años, cuarenta y una obras del artista entre dibujos, esculturas y «gravitaciones» fechadas entre 1948 y 1997. Una ocasión única para recorrer la evolución de la obra del escultor vasco desde la figuración hasta la abstracción.
Nei giorni 10 e 11 dicembre si sono tenute le Giornate Internazionali “Escrituras de la identidad y del exilio: visiones de Europa a partir de María Zambrano”.
Queste Giornate Internazionali, organizzate dal Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture straniere dell’Università Roma Tre, in collaborazione con la Fondazione María Zambrano, con il FILCO (Grupo de Investigación en Literatura Contemporánea) e con il GEXEL (Grupo de Estudios del Exilio Literari e sovvenzionate da parte dell’Istituto Cervantes di Roma sono state inserite all’interno del ciclo di attività Herencias —scritture di memoria e identità. Esse mirano a fornire un’opportunità di ricerca e creazione multidisciplinare che possa trattare le sfide sociali che l’Europa odierna si trova ad affrontare, in termini di memoria democratica e storica, a partire dalla filosofia fino ad arrivare alla scrittura.
Le giornate sono state inaugurate da Simone Trecca, direttore del Dipartimento di LLCS, Ignacio Peyró, direttore dell’Instituto Cervantes di Roma e da Marifé Santiago Bolaños, della Fondazione María Zambrano. Sono intervenuti anche diversi professionisti specializzati nelle opere della Zambrano, come Elisabetta Sarmati (Sapienza Università di Roma), Paola Cattani (Università degli Studi Roma Tre), Esther Lázaro Sanz (Universitat Autònoma de Barcelona), Nieves Rodríguez Rodríguez (Universidad Complutense de Madrid/Universidad de Alcalá), Ignacio Amestoy (autore teatrale), Rubén Buren, Juanma Romero Gárriz e Carmen Soler.
Inoltre, Begoña Colmenero Niño, responsabile della Biblioteca María Zambrano dell’Instituto Cervantes di Roma, ha avuto la possibilità di rappresentare il Fondo María Zambrano della suddetta biblioteca.
Los días 10 y 11 de diciembre han tenido lugar las Jornadas Internacionales “Escrituras de la identidad y del exilio: visiones de Europa a partir de María Zambrano”.
Estas Jornadas Internacionales, organizadas por el Departamento de Lengua, Literatura y culturas extranjeras de la Università degli Studi Roma Tre, en colaboración con la Fundación María Zambrano, (GILCO) Grupo de Investigación en Literatura Contemporánea y (GEXEL) Grupo de Estudios del Exilio Literari y patrocinadas por el Instituto Cervantes de Roma, están adscritas al ciclo de actividades de Herencias —scritture di memoria e identità, y pretenden brindar una oportunidad de investigación y creación multidisciplinar que pueda abordar desde la filosofía y la escritura los desafíos sociales y culturales que tiene la Europa actual en materia de memoria democrática e histórica.
Las jornadas fueron inauguradas por Simone Trecca, director del Departamento de LLCS, Ignacio Peyró, director del Instituto Cervantes de Roma y Marifé Santiago Bolaños, Fundación María Zambrano y en ellas han intervenido distintos especialistas en la obra de Zambrano como Elisabetta Sarmati (Sapienza Università di Roma), Paola Cattani (Università degli Studi Roma Tre), Esther Lázaro Sanz (Universitat Autònoma de Barcelona), Nieves Rodríguez Rodríguez (Universidad Complutense de Madrid/Universidad de Alcalá), Ignacio Amestoy (autor teatral), Rubén Buren, Juanma Romero Gárriz y Carmen Soler.
Además, Begoña Colmenero Niño, responsable de la Biblioteca María Zambrano del Instituto Cervantes de Roma, tuvo la posibilidad de presentar el Fondo María Zambrano de dicha biblioteca.
La scorsa settimana è stato pubblicato il libro Demolingüística del español en Italia. Con un’appendice sullo spagnolo a Malta, San Marino e Città del Vaticano. Si tratta del quinto volume della collana “Lo spagnolo in Europa”, un progetto realizzato dall’Istituto Cervantes in collaborazione con l’Università di Heidelberg e l’Università di Zurigo.
La pubblicazione offre un rigoroso e interesante studio che traccia e ripercorre attraverso i suoi dati la presenza, l’uso e lo studio dello spagnolo in Italia, San Marino, Malta e Città del Vaticano.
Lo studi risalta la importanza dello spagnolo in Italia, visto che nell’anno accademico 2019/2020 quasi 4 milioni di persone conoscevano o utilizzavano lo spagnolo in questo Paese, pari al 6,6% della popolazione totale.
Il libro é disponibile nella nostra biblioteca e presso il Centro Virtuale Cervantes.
La semana pasada se presentó en la sede del Instituto Cervantes en Madrid el libro Demolingüística del español en Italia. Con un anexo sobre el español en Malta, San Marino y Ciudad del Vaticano. Se trata del quinto volumen de la colección «El español en Europa», un proyecto creado por el Instituto Cervantes en colaboración con la Universidad de Heidelberg y la Universidad de Zúrich.
La publicación ofrece un interesante y riguroso estudio que dibuja y recorre a través de sus datos la presencia, el uso y el estudio del español en Italia, San Marino, Malta y Ciudad del Vaticano.
El estudio destaca la fortaleza del español en Italia, ya que en el año académico 2019/2020 casi 4 millones de personas conocían o utilizaban el español en este país, lo que representa un 6,6 % de la población total.
El libro está disponible en nuestra biblioteca y en el Centro Virtual Cervantes.